Il Comitato dei 300: “Distruggeremo l’Italia!”

Nel saggio dell’ex agente segreto inglese John Coleman l’incredibile strategia

di un oscuro e potentissimo Nuovo Ordine Mondiale
per deindustrializzare e impoverire il nostro Paese – La morte di Aldo Moro
voluta e pianificata per destabilizzare il Medio Oriente – Il ruolo
della nobiltà nera di Venezia e Genova nella finanza del pianeta



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(RinoDiStefano.com, Domenica 14 Aprile 2013)

L’Italia è sotto il tiro di grandi poteri finanziari mondiali, che hanno deciso di ridurne drasticamente il comparto industriale per trasformarla in un Paese arretrato di tipo feudale. A rivelare questa congiura, che casualmente coincide con l’attuale recessione, è il libro “The Conspirator’s Hierarchy: The Committee of 300” del dottor John Coleman (“La gerarchia del cospiratore: Il Comitato dei 300”), pubblicato in inglese dalla World Int. Review di Las Vegas, negli Stati Uniti. Questo libro, giunto ormai alla quarta edizione mondiale, non è mai stato tradotto in italiano. E, se lo si legge, se ne capisce anche il perché. Infatti, in questo volume di 465 pagine viene spiegata la strategia che sarebbe stata adottata dal club dei potenti più forte al mondo, appunto il Comitato dei 300 fondato dall’aristocrazia inglese nel 1727, per ridurre drasticamente il numero di quelli che vengono definiti “useless eaters” (letteralmente “mangiatori inutili”), riportando le economie nazionali a un livello pre-industriale. In altre parole, secondo loro, sarebbe necessario riportare la popolazione mondiale a livelli precedenti il Novecento. Il potere, sempre secondo questi signori, deve essere concentrato nelle mani di pochi, ricchissimi e potentissimi finanzieri (si fanno chiamare The Olympians, considerandosi simili ai mitici dei greci dell’Olimpo), i quali decideranno che cosa sia meglio per tutti, Paese per Paese. I primi tre a essere presi di mira, cioè quelli dove dovrebbe essere adottata questa strategia di impoverimento della popolazione, sarebbero Italia, Argentina e Pakistan.
Ma prima di entrare nel merito della questione, ampiamente e dettagliatamente spiegata nel libro, vediamo di conoscere un po’ meglio l’autore. John Coleman, Ph.D. (cioè titolare di quello che in Italia chiamiamo un dottorato di ricerca), classe 1935, è un ex agente del servizio di spionaggio britannico M16, successivamente trasferitosi negli Stati Uniti. Qui, dopo aver acquisito la residenza, ha scelto di diventare cittadino americano. Studioso di fama mondiale, considerato uno scienziato della politica ed un economista, autore di decine di libri pubblicati in otto diverse lingue, Coleman è arrivato alla conclusione che la finanza e la politica dell’intero globo siano realmente nelle mani di un Comitato di 300 notabili che decidono le sorti del pianeta. Non si tratta di una scoperta del tutto nuova. Già nel 1909 era uscito un articolo in tedesco (“Geschàftlicher Nachwucs” di Walter Rathenau), nel quale veniva spiegato per la prima volta che ciò che accadeva nel mondo era opera di un gruppo ristretto di individui che agiva secondo una precisa e meditata strategia. La Rivoluzione Russa, la Prima Guerra Mondiale, l’ascesa di Hitler e la Seconda Guerra Mondiale, non sarebbero affatto casuali. Tutto sarebbe stato ordito e organizzato da potenti finanzieri che agivano secondo uno schema preordinato. Coleman ci avrebbe messo 35 anni per verificare questo assunto. E dopo una miriade di interviste ad ammiragli, capi dei Servizi Segreti, ufficiali di alto rango, politici, banchieri ed economisti, è giunto alla conclusione che quel Comitato dei 300 esiste davvero. E in fondo al suo libro riporta i nomi dei passati e dei presenti membri di quel sodalizio. Compresi quelli degli italiani che ne facevano, e ne fanno, parte.
E’ curioso notare che tra gli antichi fondatori del Comitato dei 300, ispirato alla The East India Company britannica, si trovassero diversi rappresentanti della nobiltà nera veneziana e genovese. Aristocratici, questi ultimi, che avrebbero ancora oggi “scanni” tra le fila dei 300.
Del resto, non tutti sanno che la casata di Windsor degli attuali regnanti britannici, venne così definita dal re Giorgio V nel 1917, ma avrebbe dovuto chiamarsi più propriamente casata dei Guelfi, una delle più antiche famiglie della nobiltà nera di Venezia, dalla quale discendeva la regina Vittoria. 
Vediamo dunque un po’ più da vicino che cosa scrive Coleman. Prima di tutto, l’attuale Comitato dei 300 sarebbe presieduto da Etienne Davignon, diplomatico, politico e dirigente d’azienda belga, più volte Commissario europeo, proveniente da una delle più blasonate famiglie dell’aristocrazia del vecchio mondo. Davignon, infatti, è anche visconte, nonché presidente del Gruppo Bilderberg, l’altro sodalizio esclusivo degli industriali e dei magnati della finanza internazionale. Il Bilderberg sarebbe una delle organizzazioni controllate direttamente dal Comitato dei 300. Per la cronaca, ne fa parte anche l’attuale Presidente del Consiglio, professor Mario Monti (“Il Club Bilderberg” di Daniel Estulin, Arianna Editrice, pag. 273). Secondo Coleman, Davignon sarebbe uno strenuo difensore della teoria della deindustrializzazione, con crescita zero. Una prova sarebbe il Piano Davignon del 1981 che promosse la riduzione della produzione siderurgica, la fine dei sussidi pubblici al settore e un drastico ridimensionamento del numero degli addetti. Una strategia, questa, che venne poi sposata anche dal presidente Reagan, con disastrose conseguenze per l’industria americana, a tutti i livelli e fino ai giorni nostri.
Ebbene, ad un certo punto il Comitato dei 300 avrebbe deciso di mettere in pratica la propria politica di contenimento industriale per ridurre la “surplus population” (cioè la “popolazione in eccesso”) in Italia, Argentina e Pakistan. “Attualmente l’Italia è di fatto sotto il controllo di segreti governanti designati dalla loggia P2 della Massoneria – scrive Coleman - . Le corporazioni dirigono l’Italia. I partiti dell’opposizione italiana definiscono lo status quo corporativismo fascista”. 
La cosa più singolare riguarda il metodo adottato dai 300. Coleman sostiene che la loro politica sia quella di sostenere in tutto il globo una diffusione della sinistra politica, sull’esempio dei Socialisti Fabiani. Stiamo parlando di un movimento politico e sociale istituito nel 1884 a Londra col nome di Fabian Society. Si ispirava a Quinto Fabio Massimo, detto “il temporeggiatore”, che contro Annibale aveva usato una strategia attendista di lento logoramento. Il fabianesimo credeva, appunto, ad una graduale evoluzione della società attraverso riforme che portino passo dopo passo verso il socialismo. Il marxismo, invece, crede in un cambiamento repentino e rivoluzionario.
Una volta imposto il modello socialista, i 300 lo controllerebbero dall’alto, impedendo che vi siano contestazioni o rivolte. Dunque, una sinistra che verrebbe controllata da una dittatura occulta e potentissima a livello planetario. Ovviamente, nessuno dei sudditi dei regimi socialisti potrebbe mai immaginare che quei governi siano stati voluti da una ristrettissima cerchia di super miliardari che, di fatto, avrebbero costituito un Nuovo Ordine Mondiale. 
Per quanto ci riguarda, la notizia più clamorosa che ci dà Coleman la si legge a pagina 47, dove viene raccontata la tragedia di Aldo Moro. Secondo quanto riporta il libro, l’attentato di via Fani, il rapimento e l’uccisione dello statista furono progettati e portati a termine dal Comitato dei 300. Altro che Brigate Rosse. I terroristi ci misero la faccia e l’organizzazione, ma l’operazione sarebbe stata manovrata interamente dai 300. Moro, infatti, si opponeva alla “crescita zero” e alla riduzione della popolazione italiana che sarebbe stata commissionata dai 300 al Club di Roma. “Il 10 novembre 1982, in un tribunale di Roma, un buon amico di Moro (si trattava di Corrado Guerzoni n.d.r.) testimoniò che l’ex primo ministro venne minacciato da un agente del Royal Institute for International Affairs (RIIA) che era anche un membro del Comitato dei 300 e Segretario di Stato. Il testimone disse che quell’uomo era Henry Kissinger – scrive Coleman – L’ex primo ministro Moro venne rapito dalle Brigate Rosse nel 1978 e successivamente brutalmente ucciso a colpi di pistola. Fu al processo dei membri delle Brigate Rosse che diversi di loro testimoniarono di essere a conoscenza del coinvolgimento ad alto livello degli Stati Uniti nel complotto per uccidere Moro. E uno di essi coinvolse Henry Kissinger in questo complotto omicida. Quando Moro venne minacciato, ovviamente Kissinger non era più al servizio della diplomazia americana, ma piuttosto agiva secondo le istruzioni ricevute dal Club di Roma, il braccio politico estero del Comitato dei 300. Questa notizia non venne mai diffusa da nessuno dei media o delle stazioni televisive”.
Ma anche negli Stati Uniti, continua Coleman, nessuno arrivò mai ad accusare formalmente Kissinger. Perché, allora, tutto questo sarebbe accaduto?
“Nel mio resoconto del 1982 su questo crimine – spiega Coleman – abbiamo esposto che Aldo Moro, un leale membro del Partito Democristiano, venne ucciso da assassini controllati dalla loggia P2 che avevano come scopo quello di portare l’Italia entro i confini del progetto del Club di Roma per deindustrializzare il Paese e ridurne considerevolmente la popolazione. Il progetto di Moro di stabilizzare l’Italia attraverso la piena occupazione e una pace industriale e politica, avrebbe rafforzato l’opposizione cattolica al comunismo, e reso la destabilizzazione del Medio Oriente (che era l’obiettivo primario) molto più difficile da ottenere per il Comitato”. 
I 300, insiste Coleman, non si pongono piani a breve scadenza. Anzi, è vero il contrario. Lo proverebbe l’omicidio di Moro.
“La sua morte – si legge nel libro – rimosse i posti di blocco al progetto di destabilizzare l’Italia, e, sulla base di quanto noi sappiamo adesso, ha permesso i piani della cospirazione per il Medio Oriente, portati a termine nella Guerra del Golfo, 14 anni più tardi. L’Italia venne scelta come bersaglio tipo dal Comitato dei 300 a causa della sua importanza per i cospiratori. Un’importanza dovuta al fatto che fosse il Paese europeo più vicino al Medio Oriente e con più stretti rapporti alla politica e all’economia del Medio Oriente. Inoltre è anche sede della Chiesa cattolica, che Rothschilds aveva ordinato a Weishaupt di distruggere”.
Il riferimento sarebbe ad un antico progetto dei banchieri Rothschilds, potenti membri del Comitato, di affidare ad un loro addetto, Adam Weishaupt, il piano per distruggere la cristianità. 
Sempre secondo Coleman, l’Italia è importante anche per un’altra ragione del panorama mondiale. Il nostro Paese, infatti, viene considerato la porta di accesso dell’Europa per la droga proveniente dall’Iran e dal Libano.
Ma l’aspetto più inquietante di questo interesse della finanza mondiale verso l’Italia, resta quello della copertura che sarebbe stata esercitata da non meglio precisati ricchi italiani, nei confronti dei brigatisti e della Massoneria deviata.
“Sin dal 1968, quando venne istituito il Club di Roma – scrive Coleman – numerosi gruppi si sono associati sotto l’ombrello del Socialismo allo scopo di far cadere diversi governi italiani, per destabilizzare il Paese. Tra questi, la nobiltà nera di Venezia e Genova, la Loggia P2 e le Brigate Rosse, tutti quanti operavano con lo stesso obiettivo. Investigatori della polizia che lavoravano al caso Brigate Rosse-Moro, sono venuti a conoscenza dei nomi di diverse importanti famiglie italiane che controllavano da vicino i leader di questi gruppi terroristici. La polizia scoprì inoltre le prove che, in almeno una dozzina di casi, queste potenti e importanti famiglie avevano messo a disposizione le loro case e proprietà per essere utilizzate come basi sicure per le cellule delle Brigate Rosse.
La ‘nobiltà’ americana – continua Coleman – ha fatto la sua parte per distruggere la Repubblica Italiana. Un notevole contributo in questo senso è venuto da Richard Gardner, allora Ambasciatore a Roma per conto del presidente Carter. A quel tempo, Gardner operava sotto il diretto controllo di Bettino Craxi, un membro importante del Club di Roma e uomo chiave della NATO”.
Secondo Coleman, Craxi sarebbe stato il primo referente dei cospiratori per distruggere la Repubblica Italiana. E, a supporto di questa dichiarazione, gli addebita anche la responsabilità di aver introdotto nella legislazione italiana divorzio e aborto, creando una ferita non rimarginabile nella società italiana. A onor del vero, però, queste accuse non vengono poi dimostrate con prove evidenti e incontestabili. E per quanto riguarda divorzio e aborto, le affermazioni di Coleman sono per lo meno discutibili.
Ben più documentata è invece la parte che riguarda Giovanni Agnelli (Torino 12/3/1921 – Torino 24/1/2003), definito “uno dei membri più importanti del Comitato dei 300”, e il suo amico Aurelio Peccei (Torino 4/7/1908 – Torino 13/3/1984). Peccei, la cui figura non tutti conoscono, fu il fondatore del Club di Roma che Coleman definisce “un ombrello dietro cui si cela un’organizzazione cospiratoria, un matrimonio tra finanzieri anglo-americani e le famiglie della nobiltà nera d’Europa, particolarmente della cosiddetta ‘nobiltà’ di Londra, Venezia e Genova”.
Peccei, comunque, era tutt’altro che uno sconosciuto. Durante la Resistenza aveva militato nelle fila di “Giustizia e Libertà” ed era stato anche arrestato, incarcerato e torturato. Nel 1949 si trasferì per conto della Fiat in America Latina, dove in Argentina fondò la Fiat-Concord, succursale dell’industria italiana. Nel 1958 tornò in patria dove fondò la Italconsult, una joint-venture che comprendeva marchi italiani come Innocenti, Montecatini e Fiat. Nel 1964 venne nominato amministratore delegato della Olivetti e quattro anni dopo, nell’aprile del 1968, fondò il Club di Roma insieme allo scienziato scozzese Alexander King.
L’atto di accusa di Coleman verso Peccei è pesantissimo, in quanto lo scrittore sostiene che l’imprenditore italiano abbia avallato nel suo libro “Limits of Growth” (“Limiti della crescita”) un progetto che portò le popolazioni di diverse nazioni africane alla morte per fame. Questo “piano” venne poi formalizzato nel “Global 2000 Report”. 
Il libro continua la sua lunga esposizione trattando di un’infinità di altri argomenti. Si parla anche dei Beatles, il cui successo sarebbe stato guidato da Theodor Adorno; dei miliardari inglesi che finanziarono prima Lenin e poi Hitler; della morte di Grace di Monaco, che sarebbe stata provocata come presunta ritorsione contro il principe Ranieri; del vastissimo mercato della droga che da secoli finanzia le famiglie più in vista del pianeta; dell’incredibile influenza che l’aristocrazia britannica avrebbe ancora oggi sulla Casa Bianca di Washington; della carriera di Henry Kissinger all’ombra del discusso docente di Harvard William Yandall Elliot; del presunto assassinio di Papa Giovanni Paolo I; del complicato e multi sfaccettato complotto che ha portato all’uccisione del presidente John Kennedy, che osò opporsi ai piani del Comitato dei 300, con un incredibile elenco di morti misteriose che vennero subito dopo. Infine, per chiudere tornando all’Italia, del “Permindex affair”, cioè della rete spionistica clandestina che opererebbe da anni nel nostro Paese.
Forse, però, ciò che cattura di più l’attenzione del lettore è la lista dei membri del Comitato dei 300, passati e presenti, che parte da pagina 417. Ne cito alcuni, solo per ricordare i più noti, specificando però che Coleman non sempre spiega quali siano state le sue fonti . Si parte dal già nominato Giovanni Agnelli, di cui si conosceva da sempre anche l’appartenenza al Bildelberg Group (lasciata in eredità ai successori), per proseguire con Beatrice di Savoia, l’ex presidente USA George W. Bush, il conte Vittorio Cini, l’industriale-editore Carlo De Benedetti (il nome viene riportato come Carlo De Benneditti), la regina Elisabetta II, la regina Giuliana d’Olanda, la regina Sofia di Spagna, la regina Margrete di Danimarca, l’economista John Maynard Keynes, l’onnipresente Henry Kissinger, l’ex presidente francese Francois Mitterand, il faccendiere Umberto Ortolani (P2), l’ex leader svedese assassinato Olaf Palme, Aurelio Peccei, il cardinale Michele Pellegrino, il Principe Filippo di Edimburgo, il banchiere David Rockefeller, Sir Bertrand Russel, il diplomatico ed ex Segretario di Stato Cyrus Vance.
A quanto pare, dopo aver scritto e pubblicato questo libro (l'ultima ristampa risale al 2010), il dottor Coleman ha preso alcune precauzioni per la sicurezza della sua persona. Tuttavia, a prescindere dai pur comprensibili timori di un uomo di 78 anni, nessuno può affermare con assoluta certezza che quanto scrive Coleman corrisponda alla pura e semplice verità dei fatti. Nonostante questo, non c’è dubbio che la lettura di questo libro lasci addosso una forte inquietudine sulla realtà segreta e misteriosa del mondo che ci circonda. E una domanda sorge spontanea: ma quanto sappiamo, in realtà, di ciò che succede intorno a noi? A ognuno la sua risposta.
Per chi ne volesse sapere di più, il sito dell’autore è www.coleman300.com.

“The Conspirator’s Hierarchy: The Committee of 300” di John Coleman, World Int. Review (Las Vegas, Stati Uniti), 1997-2010, pp. 465, ISBN 0963401947, $26.95.

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