Perché il governo ha regalato giacimenti di gas e petrolio alla Francia?

Claudio Antonelli per la Verità


Nove giorni e poi il trattato di Caen entrerà in vigore anche se il nostro Parlamento non l’ ha ratificato. Nel 2015 l’ allora ministro degli esteri, Paolo Gentiloni, incontra in Francia il suo omologo Laurent Fabius. Sottoscrivono un accordo per ridefinire i nuovi confini marittimi tra i due Paesi. Le acque territoriali francesi in prossimità della Corsica passano da 12 a 40 miglia, mentre il confine al largo della parte nordoccidentale della Sardegna si allarga addirittura fino alle 200 miglia. Tutto mare in più che finisce a Parigi con tutto ciò che c’ è dentro: soprattutto il pesce.

L’ accordo ha già fatto scandalo. Soprattutto perché non se ne comprende in alcun modo la logica sottostante. Quale è la contropartita? Apparentemente non si vede. Ma la notizia ancor più scandalosa l’ ha riportata ieri il quotidiano Italia Oggi. Dentro il trattato c’ è un cavillo che – di fatto – regala ai cugini d’ Oltralpe anche lo sfruttamento di gas, petrolio e idrocarburi.



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Al largo della costa sarda è stata da tempo individuata una mega riserva di gas da 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 miliardi di barili di petrolio. Per avere un’ idea delle dimensioni, il giacimento egiziano Zohr (in mano all’ Eni) è considerato il più grande al mondo e ha una riserva potenziale di 5,5 miliardi di barili equivalenti di petrolio. In pratica 11 volte tanto la scoperta fatta nelle acque italiane. L’ articolo 4 del trattato prevede che nel caso sia possibile accedere alla riserva presente sotto il fondale italiano, avviando la trivellazione direttamente dal versante francese, a Parigi sarà concesso il semaforo verde alle estrazioni.

La clausola non è di semplice interpretazione. Resta infatti da chiarire se a fronte della concessione al nostro Paese arriverebbero almeno delle royalty. Per il resto lo scippo appare chiaro. Anzi trasparente, visto che è addirittura autorizzata dal governo di Roma. Al momento il giacimento potenziale (presente nella zona marina E) è congelato. L’ azienda norvegese che aveva chiesto l’ autorizzazione ai carotaggi ha ricevuto l’ alt circa due anni fa.

Ma quando sarà entrato in vigore l’ accordo sarà possibile aggirare il confine e procedere. Sommando alla prima fregatura economica quella ambientale. Il nostro Paese avrebbe solo i rischi (limitati a dire il vero) senza potere aggiungere i benefici per le casse dello Stato. L’ unico in grado di bloccare il meccanismo è in questi giorni lo stesso Gentiloni.

La Francia infatti, vedendo l’ ostruzionismo del Parlamento italiano, ha avviato con un semplice decreto una procedura amministrativa unilaterale, nata a sua volta da una consultazione pubblica consentita da Bruxelles. L’ iter del procedimento scade il prossimo 25 marzo. In caso di silenzio-assenso e quindi di mancato ostruzionismo da parte di Roma sarà persino inutile che il prossimo Parlamento intervenga. Lo scippo si consumerà automaticamente. Tanto più che è davvero difficile sperare che il sottoscrittore dell’ accordo – adesso nelle vesti di presidente del Consiglio – possa cambiare idea. Resta da sperare che i movimentisti sardi trovino eco anche lungo la penisola.



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In prima fila c’ è Mauro Pili, ex presidente della Regione Sardegna, ex deputato di Forza Italia, ora leader del movimento Unidos, che si batte per la libertà del popolo sardo. È sempre Italia Oggi a riportare le sue dichiarazione: «La Francia sta tentando un’ operazione simile a quella di due anni fa, scongiurata dopo una grande mobilitazione e una incisiva azione parlamentare.

Questa volta, però, il governo francese ha avviato una procedura amministrativa che sta trovando l’ Italia spiazzata. In pratica con un decreto avviene l’ annessione di porzioni di acque internazionali direttamente connesse con il mare sardo». La preoccupazione della politica sarda si concentra, ovviamente, sui danni del comparto ittico. E potrebbe nelle prossime ora riuscire a trovare alleati anche in Toscana e Liguria, regioni che a loro volta si vedrebbero costrette a cedere pezzi di mare.

L’ anno scorso era intervenuto l’ assessore fiorentino all’ agricoltura, Marco Remaschi, avanzando preoccupazioni per i pescatori professionisti che vivono a Viareggio e all’ isola d’ Elba.

Al di là dei fatti, resta un grande mistero da risolvere. Perché cedere a Parigi porzioni di mare e concessioni (indirette) sui nostri idrocarburi senza nulla in cambio. Oppure se c’ è qualche contropartita, il governo dovrebbe esplicitarla. I dossier tra Italia e Francia sono numerosi. Dalla condivisione della cantieristica navale, alla difesa comune, arrivando fino al pattugliamento del Sahel. Un tema quest’ ultimo molto delicato, visto che il governo del Niger ci ha definito indesiderati e ciò rafforza l’ idea che la missione militare italiana nasceva appunto da una specifica richiesta dell’ intelligence parigina.

L’ accordo di Caen avrebbe avuto un senso se la controparte fosse stata il controllo totale dei cantieri di Stx, un colpo grosso per Fincantieri. Solo che Emmanuel Macron ha prima nazionalizzato l’ azienda di Saint Nazaire e poi l’ ha lasciata al nostro Paese mantenendo il controllo di fatto. Prendersi anche mare e idrocarburi sarebbe anche una beffa.

CLAUDIO ANTONELLI



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