La depressione a settant'anni non è la depressione a dodici anni. I medici dovrebbero saperlo e tenerne conto sia nel diagnosticare la patologia che nello stabilire i rimedi clinici. Troppo spesso, invece, non avviene.
Sono tra i 20mila e i 30mila i minorenni a cui in Italia vengono somministrati psicofarmaci e antidepressivi. Su una popolazione di circa 400mila, fra bambini e adolescenti, che soffrono di disturbi mentali di varia natura. Dati che emergono dai report dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche “IRCCS Mario Negri” di Milano, e che considerano oltre 5 milioni di minorenni – più del 50 per cento della popolazione giovane.
Oltre 400mila ragazzi soffrono di disturbi psichici. Di questi, tra i20 e i 30mila assumono psicofarmaci e antidepressivi. I confronti internazionali sono positivi per l'Italia rispetto a Usa, Paesi nordici e Germania ma diagnosi e somministrazioni spesso sono “irrazionali” secondo gli esperti dell'IRCCS Mario Negri di Milano
I numeri italiani, tuttavia, non sono impietosi se raffrontati a quelli di altre nazioni, sia nelle cifre assolute che nella durata del periodo di esposizione ai farmaci: negli Stati Uniti e nei Paesi nordici il ricorso è dieci volte tanto; in Germania – dove anni fa scoppiò una scandalo per la distribuzione di questionari nelle scuole che invitavano le famiglie a “curare” i propri figli per disturbi dalla natura dubbia – quattro volte tanto. E, sopratutto, il trend italiano è stabile, con variazioni statisticamente non rilevanti, dagli anni duemila fino ad oggi.
Ma le cifre a disposizione degli esperti non raccontano tutta la verità: anzitutto perché i dati considerano solo coloro che fanno ricorso al Servizio sanitario nazionale, mentre è più complesso “mappare e tracciare” le famiglie che si rivolgono al privato e alla prescrizione pagata dal paziente.
«Esiste un'area grigia – nessuno sa quanto profonda – di famiglie che vivono come uno “stigma” la diagnosi di disturbi nei propri figli e preferiscono non passare dalla ricettazione e quindi dalla rimborsabilità del farmaco, ma gestirsi il problema in solitudine» spiega a Linkiesta il dottor Maurizio Bonati, che proprio al “Mario Negri” è Capo Dipartimento Salute Pubblica e che da anni si occupa di monitorare il fenomeno. Questo universo familiare di “sommerso” è arricchito anche dalla carenza di strutture e specialisti in neuropsichiatria infantile, sia nel pubblico che nel privato.
C'è poi il problema dei farmaci che non vengono tracciati, come le benzodiazepine(Xanax, Lexotan, Tavor, ad esempio) e gli ansiolitici, perché considerati tutti di “fascia C” indipendentemente dall'età e quindi a carico del paziente – anche se rappresentano una quota bassa, assicura Bonati.
Ma è sulla “razionalità”, più che sulla quantità, delle prescrizioni che il Capo Dipartimento Salute Pubblica dell'IRCCS lancia un allarme: «Ci sono leggere differenze fra nord e sud Italia – con picchi più rilevanti nel meridione – ma a prescindere dall'eterogeneità territoriale questi farmaci vengono prescritti, in tutta la penisola, in maniera assolutamente inappropriata. Direi addirittura irrazionale» spiega Bonati.
Benzodiazepine, Trazodone e la Paroxetina – che fra gli effetti collaterali contempla anche la propensione al suicidio – somministrate ai minori nonostante la mancanza di indicazioni pediatriche e il divieto della legge 648 del 1996
Farmaci che la legge 648 del '96 espressamente vieta di somministrare ai minori di 18 anni e che invece vengono utilizzati in tutta tranquillità. Come la Paroxetina, che fra gli effetti collaterali nei casi di depressione contempla anche l'aumento della propensione al suicidio – stando ai warning internazionali – e che viene somministrata quotidianamente a molti adolescenti.
«Si tratta di vera e propria ignoranza – in senso tecnico – da parte dei medici. In alcuni casi abbiamo scoperto l'utilizzo del Trazodone sotto i 12 anni, quando questo è vietato da quella legge». Si tratta di una molecola sviluppata dai laboratori Angelininegli anni '60 e che rivoluzionò il mercato degli antidepressivi.
L'ignoranza in questo campo è quasi strutturale. Scrivono in proposito gli esperti del “Mario Negri” che “le conoscenze disponibili per l'uso di questi farmaci nell'età evolutiva sono scarse e spesso aggiustate in base a quelle acquisite per l'adulto”. Ma, come si diceva all'inizio, un dodicenne non è un settantenne. E infatti gli effetti collaterali nell'età dello sviluppo si vedono eccome: conseguenze su peso, in alcuni casi sull'altezza, umore alterato – magari quando il farmaco è stato preso proprio per curare l'umore alterato del ragazzo. Disturbi anche all'apparato cardiovascolare, come le aritmie.
«Per fortuna vengono prescritti per periodi molto brevi, almeno in Italia, e quindi le conseguenze non sono catastrofiche. Per paradosso, però, questa pratica mostra un'ulteriore assurdità: sono farmaci che prima di raggiungere l'efficacia necessitano di settimane e sospenderli, dopo un breve lasso di tempo, dimostra che spesso non si padroneggia la materia: si mette a rischio la salute del ragazzo e d'altra parte non si ottengono gli effetti benefici della terapia».
Per fortuna i farmaci vengono prescritti per periodo brevi: «È un paradosso ulteriore. Sono farmaci efficaci dopo diverse settimane. Così si mette a rischio la salute del ragazzo senza nemmeno ottenere gli effetti della terapia. Gran parte delle diagnosi sono fatte da personale né qualificato né competente»Maurizio Bonati, Capo Dipartimento Salute Pubblica IRCCS Mario Negri
Il vero problema si pone sin dalla diagnosi di quei 400mila ragazzi che soffrirebbero di psicopatologie: non tutti riescono ad accedere ai servizi di neuropsichiatria e, quindi, alla terapia più adeguata. «Gran parte delle diagnosi sono fatte da personale né qualificato né competente» racconta Bonati, come pediatri o dottori in medicina generale. E questo ha comportato negli anni un ricorso eccessivo ai cosiddetti antidepressivi SSRI (selective serotin reuptake inhibitors), gli inibitori della serotonina che hanno soppiantato il mercato dei vecchi farmaci triciclici. Se già si sapeva poco sui triciclici, in termini di effetti collaterali sui bambini, gli studi sugli SSRI sono ancora più carenti. «Magari fanno un gran bene alle madri depresse o ai nonni che non riescono a dormire di notte, ma non esistono indicazioni pediatriche. E nonostante ciò vengono prescritti lo stesso».
Riflessioni e dati che non devono creare allarmi ingiustificati perché i confronti internazionali pongono ancora l'Italia in buone posizioni. E tuttavia, anche se il trend è stabile e i dati assoluti non inquietanti, emerge una totale irrazionalità – quella sì in aumento – nell'utilizzo degli psicofarmaci sui minori.
Sono tra i 20mila e i 30mila i minorenni a cui in Italia vengono somministrati psicofarmaci e antidepressivi. Su una popolazione di circa 400mila, fra bambini e adolescenti, che soffrono di disturbi mentali di varia natura. Dati che emergono dai report dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche “IRCCS Mario Negri” di Milano, e che considerano oltre 5 milioni di minorenni – più del 50 per cento della popolazione giovane.
Oltre 400mila ragazzi soffrono di disturbi psichici. Di questi, tra i20 e i 30mila assumono psicofarmaci e antidepressivi. I confronti internazionali sono positivi per l'Italia rispetto a Usa, Paesi nordici e Germania ma diagnosi e somministrazioni spesso sono “irrazionali” secondo gli esperti dell'IRCCS Mario Negri di Milano
I numeri italiani, tuttavia, non sono impietosi se raffrontati a quelli di altre nazioni, sia nelle cifre assolute che nella durata del periodo di esposizione ai farmaci: negli Stati Uniti e nei Paesi nordici il ricorso è dieci volte tanto; in Germania – dove anni fa scoppiò una scandalo per la distribuzione di questionari nelle scuole che invitavano le famiglie a “curare” i propri figli per disturbi dalla natura dubbia – quattro volte tanto. E, sopratutto, il trend italiano è stabile, con variazioni statisticamente non rilevanti, dagli anni duemila fino ad oggi.
Ma le cifre a disposizione degli esperti non raccontano tutta la verità: anzitutto perché i dati considerano solo coloro che fanno ricorso al Servizio sanitario nazionale, mentre è più complesso “mappare e tracciare” le famiglie che si rivolgono al privato e alla prescrizione pagata dal paziente.
«Esiste un'area grigia – nessuno sa quanto profonda – di famiglie che vivono come uno “stigma” la diagnosi di disturbi nei propri figli e preferiscono non passare dalla ricettazione e quindi dalla rimborsabilità del farmaco, ma gestirsi il problema in solitudine» spiega a Linkiesta il dottor Maurizio Bonati, che proprio al “Mario Negri” è Capo Dipartimento Salute Pubblica e che da anni si occupa di monitorare il fenomeno. Questo universo familiare di “sommerso” è arricchito anche dalla carenza di strutture e specialisti in neuropsichiatria infantile, sia nel pubblico che nel privato.
C'è poi il problema dei farmaci che non vengono tracciati, come le benzodiazepine(Xanax, Lexotan, Tavor, ad esempio) e gli ansiolitici, perché considerati tutti di “fascia C” indipendentemente dall'età e quindi a carico del paziente – anche se rappresentano una quota bassa, assicura Bonati.
Ma è sulla “razionalità”, più che sulla quantità, delle prescrizioni che il Capo Dipartimento Salute Pubblica dell'IRCCS lancia un allarme: «Ci sono leggere differenze fra nord e sud Italia – con picchi più rilevanti nel meridione – ma a prescindere dall'eterogeneità territoriale questi farmaci vengono prescritti, in tutta la penisola, in maniera assolutamente inappropriata. Direi addirittura irrazionale» spiega Bonati.
Benzodiazepine, Trazodone e la Paroxetina – che fra gli effetti collaterali contempla anche la propensione al suicidio – somministrate ai minori nonostante la mancanza di indicazioni pediatriche e il divieto della legge 648 del 1996
Farmaci che la legge 648 del '96 espressamente vieta di somministrare ai minori di 18 anni e che invece vengono utilizzati in tutta tranquillità. Come la Paroxetina, che fra gli effetti collaterali nei casi di depressione contempla anche l'aumento della propensione al suicidio – stando ai warning internazionali – e che viene somministrata quotidianamente a molti adolescenti.
«Si tratta di vera e propria ignoranza – in senso tecnico – da parte dei medici. In alcuni casi abbiamo scoperto l'utilizzo del Trazodone sotto i 12 anni, quando questo è vietato da quella legge». Si tratta di una molecola sviluppata dai laboratori Angelininegli anni '60 e che rivoluzionò il mercato degli antidepressivi.
L'ignoranza in questo campo è quasi strutturale. Scrivono in proposito gli esperti del “Mario Negri” che “le conoscenze disponibili per l'uso di questi farmaci nell'età evolutiva sono scarse e spesso aggiustate in base a quelle acquisite per l'adulto”. Ma, come si diceva all'inizio, un dodicenne non è un settantenne. E infatti gli effetti collaterali nell'età dello sviluppo si vedono eccome: conseguenze su peso, in alcuni casi sull'altezza, umore alterato – magari quando il farmaco è stato preso proprio per curare l'umore alterato del ragazzo. Disturbi anche all'apparato cardiovascolare, come le aritmie.
«Per fortuna vengono prescritti per periodi molto brevi, almeno in Italia, e quindi le conseguenze non sono catastrofiche. Per paradosso, però, questa pratica mostra un'ulteriore assurdità: sono farmaci che prima di raggiungere l'efficacia necessitano di settimane e sospenderli, dopo un breve lasso di tempo, dimostra che spesso non si padroneggia la materia: si mette a rischio la salute del ragazzo e d'altra parte non si ottengono gli effetti benefici della terapia».
Per fortuna i farmaci vengono prescritti per periodo brevi: «È un paradosso ulteriore. Sono farmaci efficaci dopo diverse settimane. Così si mette a rischio la salute del ragazzo senza nemmeno ottenere gli effetti della terapia. Gran parte delle diagnosi sono fatte da personale né qualificato né competente»Maurizio Bonati, Capo Dipartimento Salute Pubblica IRCCS Mario Negri
Il vero problema si pone sin dalla diagnosi di quei 400mila ragazzi che soffrirebbero di psicopatologie: non tutti riescono ad accedere ai servizi di neuropsichiatria e, quindi, alla terapia più adeguata. «Gran parte delle diagnosi sono fatte da personale né qualificato né competente» racconta Bonati, come pediatri o dottori in medicina generale. E questo ha comportato negli anni un ricorso eccessivo ai cosiddetti antidepressivi SSRI (selective serotin reuptake inhibitors), gli inibitori della serotonina che hanno soppiantato il mercato dei vecchi farmaci triciclici. Se già si sapeva poco sui triciclici, in termini di effetti collaterali sui bambini, gli studi sugli SSRI sono ancora più carenti. «Magari fanno un gran bene alle madri depresse o ai nonni che non riescono a dormire di notte, ma non esistono indicazioni pediatriche. E nonostante ciò vengono prescritti lo stesso».
Riflessioni e dati che non devono creare allarmi ingiustificati perché i confronti internazionali pongono ancora l'Italia in buone posizioni. E tuttavia, anche se il trend è stabile e i dati assoluti non inquietanti, emerge una totale irrazionalità – quella sì in aumento – nell'utilizzo degli psicofarmaci sui minori.
Nessun commento:
Posta un commento