La verità è che le analisi sulla pasta disposte da GranoSalus hanno messo il dito in una grande piaga. Tant’è vero che, di fatto, nessuno le ha smentite. C’è chi ha provato a sminuirne il valore: ma, come potete leggere in quest articolo, non c’è riuscito. Il problema dei Governi delle Regioni del Sud Italia che, su questo tema, sono totalmente assenti. I cittadini, di fronte a questi problemi che toccano la salute, sono soli. E si debbono organizzare
Qualche settimana fa GranoSalus – l’associazione che raccoglie tanti produttori di grano duro delle Regioni del Sud Italia e consumatori – ha pubblicato le prima analisi su otto marche di pasta industriale italiane, come potete leggere qui di seguito:
Quali sono state le reazioni? Qualcuno ha contestato i dati forniti da GranoSalus, altri hanno chiesto di conoscere chi ha effettuato queste analisi.
I vertici dell’associazione che ha promosso queste analisi hanno risposto che le analisi sono a disposizione della magistratura, là dove dovessero essere richieste.
Insomma: le analisi ci sono. E i vertici di GranoSalus non temono verifiche.
Di fatto, da parte delle industrie della pasta chiamate in causa, le reazioni non sono state ‘pesanti’.
Qualcuna di queste ha fatto sapere che le sostanze inquinanti presenti nella pasta sono “entro i limiti di legge”.
Ma il problema – i lettori che ci seguono su questo blog lo sanno – è che i “limiti di legge” fissati dall’Unione Europea per certi veleni va bene per i Paesi dove ogni persona consuma circa 5 kg di pasta all’anno; non vanno bene, invece, in Italia, dove il consumo di pasta che una persona, in media, consuma in un anno è cinque-sei volte superiore a quello previsto dalla UE!
Insomma: chi mangia 25-30 kg di pasta all’anno – cosa che avviene in Italia, soprattutto nel Sud Italia, può avvelenarsi a norma di legge?
Di più: perché se c’è la possibilità di produrre pasta con il grano duro del Sud Italia si deve continuare a produrre pasta con il grano duro estero, pieno di sostanze inquinanti? Infatti GranoSalus non contesta il livello di contaminanti presenti nella pasta, ma la stessa presenza di contaminanti che può essere evitata:
C’è stato anche chi ha provato ad accusare GranoSalus di aver fatto allarmismo. L’inizio di una trasmissione televisiva di La 7 – Bianco e Nero – sembrava mettere in evidenza proprio l’allarmismo. Solo che, nel corso della stessa trasmissione, alcuni degli intervenuti ai quali è stata data la parola, non solo non hanno smentito i dati di GranoSalus, ma hanno ammesso la presenza di glifosato e l’eccesso di glutine nella pasta:
Non ci ha molto convinto, se dobbiamo dire la verità, un articolo pubblicato da Altroconsumo il 2 marzo.
Anche Altroconsumo, a quanto pare, ha effettuato analisi. E sue due marche di pasta – De Cecco e Voiello – non risultavano presenti del micotossine DON. Che invece risultano presenti nelle analisi disposte da GranoSalus.
Perché questa differenza di risultati?
“Semplice – leggiamo su Altroconsumo – perché la ricerca di micotossine, per la loro stessa natura, può dare risultati differenti su lotti uguali dello stesso prodotto, possibilità che aumenta di conseguenza considerando lotti diversi, come nel caso del test condotto dall’associazione e quello effettuato da noi. In ogni caso, nonostante la variabilità dovuta alla fornitura del momento, De Cecco e Voiello sono risultate più volte esenti da questi contaminanti dalle nostre analisi. Ricordiamo che, sempre in riferimento a quanto sostenuto da GranoSalus, non sempre esiste una correlazione tra grano estero e micotossine. Inoltre è bene ricordare che, data la variabilità di queste sostanze, per limitarle è bene cambiare marca, in base anche alle notizie a disposizione”.
Dopo di che Altroconsumo arriva alle stesse conclusioni di GranoSalus: e cioè che certe marche di pasta che presentano certi livelli di micotossine DON non dovrebbero entrare a far parte della dieta dei bambini di tre anni. Dopo di che Altroconsumo ammette:
“Chi si avvicina al limite… non dovrebbe essere proposto neppure ai più grandi, fino ai 9 anni di età, per non rischiare di superare la dose massima giornaliera tollerabile di assunzione di DON. Per gli adulti, invece, questi valori non rappresentano un problema, ma avevamo voluto mettere l’accento sul fatto che c’è un’ampia fascia di popolazione, in particolare bambini e ragazzi, che rischia di assumere ogni giorno un quantitativo di deossinivalenolo superiore alla soglia tollerabile, anche mangiando prodotti perfettamente in regola con le normative. Per questo abbiamo deciso di essere molto severi nella nostra scala di giudizi, per poter premiare non soltanto i pacchi di pasta più convincenti al palato, ma anche quelli che danno un valore in più: la totale assenza di micotossine”.
Ci chiediamo e chiediamo: invece di fare tutta questa ‘filosofia’ non sarebbe meglio dire, a chiare lettere, che la pasta non deve contenere micotossine DON?
A nostro modesto avviso, in Sicilia, in Puglia e, in generale, nelle Regioni del Mezzogiorno d’Italia si può benissimo produrre grano duro senza micotossine DON. La pasta si può produrre con questo grano duro, mentre si può fare a meno del grano duro pieno di micotossine DON e di glifosato che arriva con le navi.
O forse non si vuole fare a meno del grano duro estero perché conviene alle grandi industrie della pasta che, grazie all’alta presenza di glutine, risparmiano un sacco di soldi perché essiccano la stessa pasta in due ore invece che in 24-36 ore?
Non abbiamo capito le proteste di chi dice che in Italia, per produrre la pasta, non si utilizza grano estero.
Sul il Salvagente dell’1 marzo leggiamo una dichiarazione dell’associazione che riunisce le industrie dolciarie e della pasta:
“L’operazione di GranoSalus è diffamatoria e crea disinformazione: la presenza di fitofarmaci, tossine e metalli pesanti non è un marker di provenienza geografica e non è escluso che tracce delle sostanze citate possano trovarsi in grani italiani e del Sud Italia. Ed è inaccettabile insinuare che l’industria della pasta italiana miscelerebbe grani fuorilegge con grani a norma. Lo proibisce la legge europea, cui tutti i produttori italiani di pasta si attengono, lo impone la tradizione centenaria dei migliori pastai del mondo”.
Bene. Se è così, dove finisce la grande quantità di grano che arriva ogni anno nei porti italiani con le navi? E come mai la stessa Coldiretti, per bocca di Rolando Manfredini, responsabile della sicurezza alimentare di questa organizzazione agricola, pone il tema del grano duro canadese? Se lo inventa?
Poi ci sono quelli che non negano la presenza di grano duro estero nella produzione della pasta industriale italiana, ma, aggiungono, non viene utilizzato per produrre la loro pasta.
Il problema è che le analisi di GranoSalus hanno trovato queste sostanze inquinanti anche nella loro pasta. E che hanno detto? Vorrebbero conoscere il nome del laboratorio che ha effettuato le analisi. Bene: perché invece di chiederlo in interviste sui giornali non lo chiedono alla magistratura?
Ce ne sono altri che dicono che il glifosato – presente in abbondanza nel grano duro che arriva dalle aree fredde e umide del Canada – può essere presente nel grano duro italiano non perché se ne fa uso nella coltivazione del grano, ma per altri motivi:
“Il divieto dell’uso di glifosato vale solo nel preraccolta mentre resta consentito l’utilizzo nella coltivazione delle leguminose e dei pomodori. La rotazione delle colture spiega la possibile contaminazione”.
Tutto vero. Ma il problema – ammesso che sia vero che il glifosato presente nel grano duro è la conseguenza dell’utilizzazione di questo erbicida nella coltivazione del pomodoro e e delle leguminose – si risolve alla radice: vietando l’uso del glifosato nella coltivazione del pomodoro e delle leguminose.
Non bisogna dimenticare che sono operativi i Piani di Sviluppo Rurale (PSR) che, attualmente, stanziano decine e decine di milioni di Euro ogni anno per sostenere l’agricoltura biologica.
Solo in Sicilia si erogano 50 milioni di Euro all’anno di contributi comunitari a fondo perduto per l’agricoltura biologica. Sarebbe veramente singolare trovare il glifosato nelle coltivazioni!
C’è anche chi dice le micotossine DON possono essere presenti anche nei grani duri italiani se l’annata è stata particolarmente umida.
Vero. Ma esiste un modo per tagliare la testa al toro, cioè per accertare se queste micotossine DON le ‘importiamo’ dall’estero con i grani che arrivano con le navi, o se sono ‘autoctone’. Lo ha illustrato a il Salvagente il professore Alberto Ritieni, uno dei massimi esperti in materia di micotossine:
“Capiamoci, le micotossine non conoscono confini o Paesi, ma è possibile trovare una correlazione fra il luogo di produzione e il rischio di introdurre DON nella filiera alimentare con un’analisi molecolare o genetica delle spore fungine o delle colonie produttrici di DON presenti specie nei grani… Un’analisi combinata tra la presenza del DON e i ceppi di funghi presenti nei grani potrebbe rilevare qualcosa in più sulla provenienza del grano di partenza”.
Insomma, basta una semplice analisi per rivelare da dove arrivano queste benedette micotossine DON presenti nella pasta.
Che dire in conclusione di questo articolo che ha provato a fare il punto della situazione a due settimane dalla pubblicazione delle analisi di GranoSalus?
Che sono in tanti ad arrampicarsi sugli specchi.
Che GranoSalus ha messo il dito nella piaga.
Che le analisi disposte da GranoSalus avrebbero dovuto essere già state effettuate a cura dell’Unione Europea, del Governo nazionale e, soprattutto, dei Governi delle Regioni del Sud Italia: questi ultimi sono i veri latitanti di questa storia.
La verità è che i cittadini italiani, oggi, si debbono difendere dai veleni che arrivano sulle loro tavole organizzandosi. Dalla UE, dallo Stato e dalle Regioni non c’è da aspettarsi nulla. Anzi, c’è da aspettarsi altri danni tipo il CETA, il trattato commerciale con il Canada già approvato dal Parlamento Europeo.
Effettuare le analisi costa, ma sono necessarie per informare i cittadini. Di questo problema – da affrontare e risolvere – parleremo in un prossimo articolo.
http://www.inuovivespri.it/2017/03/12/pasta-al-glifosato-e-alle-micotossine-a-due-settimane-dalle-analisi-di-granosalus-le-industrie-si-arrampicano-sugli-specchi/
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