Che pasta mangiare? Dove trovarla? In attesa che vengano avviati i controlli a tappeto su tutti i derivati del grano, abbiamo posto alcune domande a Saverio De Bonis,
il protagonista di GranoSalus, l’associazione che raccoglie i produttori di grano duro del Sud Italia. E’ lui che ci indica le aziende che operano in Molise, in Basilicata, in Puglia e in Sicilia che lavorano solo grani locali privi di sostanza dannose per la nostra salute
il protagonista di GranoSalus, l’associazione che raccoglie i produttori di grano duro del Sud Italia. E’ lui che ci indica le aziende che operano in Molise, in Basilicata, in Puglia e in Sicilia che lavorano solo grani locali privi di sostanza dannose per la nostra salute
Che pasta mangiare? Dove acquistarla? Il nostro blog ha cominciato ad affrontare una serie di temi legati al grano e ai suoi derivati. Abbiamo parlato dei grani duri che arrivano in Sicilia – ma anche nel resto d’Italia – con le navi. Spesso sono petroliere in disarmo che sbarcano dalle nostre parti un prodotto carico di veleni. Ci siamo soffermati sul grano duro canadese, che non è – come hanno cercato di farci credere in tutti questi anni – il migliore del mondo (come potete leggere qui).
Abbiamo parlato degli studi che sostengono il nesso tra glifosato che finisce nella pasta e malattie gravi come la Sla e Alzheimer in questo articolo che ha spopolato.
Abbiamo parlato anche di come i produttori di grano duro del Meridione d’Italia stanno provando a organizzarsi per offrire ai consumatori del nostro Paese un prodotto sano, privo di veleni. Valorizzando, ovviamente, il grano duro prodotto nelle regioni del Sud, dal Molise alla Basilicata, dalla Puglia alla Sicilia (come potete leggere qui).
Detto questo, dobbiamo anche offrire ai nostri lettori indicazioni più precise sui luoghi dove poter acquistare una pasta di alta qualità. Così abbiamo deciso di intervistare Saverio De Bonis, il presidente di GranoSalus, l’associazione che sta mettendo insieme i produttori di grano duro del Mezzogiorno d’Italia con l’obiettivo di rilanciare un prodotto di alta qualità messo in crisi dalla globalizzazione dell’economia.
Ricordiamo che GranoSalus sta avviando una campagna – che per il nostro Paese, ma non soltanto per il nostro Paese – si annuncia rivoluzionaria: effettuare una serie di controlli a tappeto su tutti i derivati del grano. Controlli che verranno effettuati da più organismi indipendenti. Per verificare l’eventuale presenza di sostanze tossiche nel pane, nella pasta, nei biscotti, nei dolci e, in generale, come già ricordato, in tutti i prodotti derivati dal grano. Dati che poi verranno pubblicati sulla rete.
Tutti i cittadini, a questo punto, almeno per il pane, la pasta e, in generale, i derivati del grano sapranno cosa arriva sulle proprie tavole.
Fermo restando che anche le aziende di cui parleremo – come del resto le altre che operano nel settore dei derivati del grano – saranno oggetto dei controlli di GranoSalus, proviamo, con De Bonis, a ragionare sulla pasta di qualità che oggi il Sud Italia è in grado di offrire e, in generale, a fare il punto della situazione sul mercato della pasta in Italia.
Allora De Bonis, esiste nel nostro Paese una produzione di pasta alta qualità, legata ai grani locali?
“Certo che esiste. Parliamo, ovviamente, del Sud Italia. In Molise, ad esempio, opera il Pastificio Spighe Molisane Piemme food srl. Si trova a Cerce Maggiore, a Campobasso. E’ una pasta prodotta al cento per cento con grani duri locali. Una pasta di alta qualità la si può trovare anche in Basilicata, a Stigliano, in provincia di Matera, dove opera il Pastificio Fatti in casa di Delle Fave Nunzia snc. Questo pastificio lavora solo con la cultivar di grano duro Senatore Cappelli (varietà di grano duro pugliese sulla quale ha lavorato il grande genetista Nazareno Strampelli: si tratta di un grano duro antico di altissima qualità ndr)”.
Ci sono anche la Puglia e la Sicilia.
“Certamente. In Puglia ci sono alcune realtà importanti. Segnalo il Pastificio Granoro di Corato, a Bari, azienda di medie dimensioni che lavora solo grani duri locali, ovvero grano duro al cento per cento della Puglia. Poi l’azienda Agrigiò-Candela, a Foggia, che lavora solo con il grano duro Senatore Cappelli con macina in pietra; produce pasta e pane molto ricchi di fibra. E, ancora, sempre per restare in Puglia, Il Fornaio dei Mulini vecchi di Barletta, altra azienda che lavora solo con la cultivar Senatore Cappelli con macina in pietra”.
Andiamo alla Sicilia.
“In Sicilia c’è il Pastificio Valledolmo, che lavora solo con i grani locali. E’ una bella realtà che va crescendo. Segnalo anche il Pastificio agricolo Lenato, a Caltagirone. Questa è un’azienda particolare che trasforma il grano duro che produce. E’ un’azienda agricola di circa 150 ettari che si è trasformata in un pastificio”.
Parliamo un po’ del grano duro canadese. Che matura, a quanto pare, grazie al glifosato. Che non viene usato come diserbante per eliminare le cosiddette malerbe, ma per far maturare in anticipo il grano duro.
“Questo è vero solo per una parte della produzione di grano duro del Canada”.
Cioè?
“Questo metodo – ovvero la maturazione indotta con il glifosato – riguarda le aree fredde e umide del Canada. Poi ci sono altre zone del Canada dove si produce un ottimo grano duro”.
Ci faccia capire: il Canada produce il grano duro di ottima qualità e il grano duro maturato con il glifosato ed esporta da noi il secondo?
“Purtroppo le cose stanno così. Ma vorrei ricordare che gli accordi si fanno in due: loro vendono e noi acquistiamo”.
Ma come funziona ‘sto mercato internazionale del grano duro?
“Male, funziona male. Quello che posso dire è che l’importazione di grano duro dal Canada, di qualità scadente, ha determinato nel Sud del nostro Paese l’abbandono di circa 600 mila ettari di seminativi”.
In pratica, nel nome dei prezzi più bassi, il grano duro cattivo ha scacciato il grano duro buono, come avviene in economia con la moneta…
“Praticamente sì. E’ stata ed è tutt’ora una manovra di mercato scorretta che ha penalizzato fortemente la cerealicoltura del Mezzogiorno d’Italia. Ma ha danneggiato anche la salute dei consumatori, perché la pasta prodotta con i grani duri canadesi non è di ottima qualità. Anzi. Tutto questo per fare guadagnare l’industria della pasta. O meglio, alcuni grandi gruppi”.
Ecco, parliamo del mercato italiano della pasta.
“E’ un mercato blindato. Il 65% del mercato italiano se lo dividono cinque grandi gruppi. Il 35% circa va alla Barilla. Il 12% circa alla De Cecco. L’8% circa alla Divella. Il 6,8% circa alla Garofalo. E, infine, il 3,8 alla Molisana. Poi c’è un altro 15% di produzione che fa capo alla grande distribuzione organizzata. E’ la stessa pasta dei cinque grandi gruppi che abbiamo già menzionato che viene venduta con i marchi della aziende che operano nella grande distribuzione. Resta un 20% appena: e questo è il mercato di qualità. Sono i piccoli pastifici che producono con i grani duri locali”.
E’ plausibile che in questo 20% di mercato non si trovi pasta con residui tossici?
“E’ molto plausibile. Anzi, se la devo dire tutta, è quasi certo”.
Mentre la pasta dei cinque grandi gruppi?
“Se è prodotta con i grani esteri non è da escludere che possa contenere dei residui. Ma sono cose che chiariremo nel dettaglio quando partirà la nostra campagna sui controlli sui derivati del grano”.
Insomma in materia di grano duro c’è stata una concorrenza sleale.
“Senza dubbio. Ma adesso abbiamo dato vita a una partita che intendiamo giocare con i consumatori: perché quando si parla di qualità, di controlli sui residui tossici, beh, parliamo della salute delle persone. E non soltanto dei consumatori italiani. Non dobbiamo dimenticare che la pasta prodotta in Italia viene esportata in Germania, nel Regno Unito e in Francia. Credo che siano in tanti, oggi, ad avere interesse a fare chiarezza”.
Per il Mezzogiorno d’Italia la vostra battaglia è importante. Crede che questo porterà al recupero dei 600 mila ettari di terreni a seminativo delle regioni del Sud Italia oggi abbandonate?
“Noi crediamo che quando, sulla base di dati scientifici oggettivi, i consumatori avranno il quadro chiaro sul grano duro, sarà lo stesso mercato ad orientare le produzioni. Sì, credo proprio che si andrà a un recupero dei nostri seminativi abbandonati, Perché crescerà la domanda di pasta priva di sostanze che non fanno certo bene alla nostra salute. Penso al glifosato, ma anche alle micotossine che, grazie al nostro clima, non sono presenti nel grano duro prodotto nelle regioni del Sud Italia. A proposito della presenza di queste sostanze nel grano, mi piace ricordare un fatto molto indicativo”.
Cioè?
“Mi trovavo in visita presso un’industria che produce pasta. Il titolare minimizzava sulla presenza di certe sostanze. Mi ha detto: ora la tranquillizzo, faccio venire i tecnici con le analisi e lei si convincerà. Sono arrivati i tecnici con le analisi. Certo, la presenza di queste sostanze rispettava i limiti previsti dall’Unione Europea. Che, è noto, fanno riferimento a un consumo di pasta pari a 5 chilogrammi all’anno. E questo è già un problema, perché in Italia il consumo di pasta pro capite è molto più alto, intorno a 27 chilogrammi all’anno. Quindi noi italiani ingeriamo un quantitativo di sostanze dannose per la salute superiore di oltre cinque volte i limiti imposti da Bruxelles. Ma il problema non era solo quello. Il problema era che davano la stessa pasta a un bambino piccolo: con le percentuali di sostanze dannose per la salute calcolate sugli adulti, lo stavano praticamente intossicando”.
http://www.inuovivespri.it/2016/09/14/pasta-senza-glifosato-e-senza-micotossine-ecco-dove-trovarla-in-sicilia-e-nel-resto-del-sud/
http://www.inuovivespri.it/2016/09/14/pasta-senza-glifosato-e-senza-micotossine-ecco-dove-trovarla-in-sicilia-e-nel-resto-del-sud/
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