PSICOPATICI AL POTERE PLASMANO LA “SOCIETA’ DELLA MALEVOLENZA”

A proposito di Steve Jobs: il fondatore di Apple, idolo del successo e indicato a modello ai giovani intraprendenti. Molti dei suoi sottoposti hanno ammesso che “lavorare con lui era un inferno”; Jobs si faceva cogliere da rabbie incoercibili, insultava, “de-motivava”. Quando si era convocati nel suo ufficio, “era come salire alla ghigliottina”. Chi lo ha conosciuto ha parlato di lui come di “uno stronzo” (asshole), un maleducato insopportabile (jerk). Uno dei suoi migliori amici, Jony Ive che ha lavorato al suo fianco, ha raccontato a Business Insider: “Quando era frustrato, il suo modo di arrivare alla catarsi era di ferire qualcuno. Pensando di averne diritto. Come se le norme sociali non si applicassero a lui”.


Quelli qui evocati sono tratti di vera e propria psicopatia, un “disturbo antisociale di personalità”, o un “disturbo narcisista di personalità”. Ferire, svalutare, spregiare i sottoposti, fa parte del tratti principale di questo tipo di disturbati: la totale mancanza di empatia e di compassione, ossia di mettersi nei panni degli altri e l’incapacità di avere rimorso per il male che fanno al prossimo.“Volete davvero essere come lui?“

Nelle forme più gravi e conclamate, questi tipi umani finiscono in manicomio o in prigione. Esiste infatti “una naturale affinità tra il narcisista patologico e il criminale “ (così il dottor Sam Vaknin, un esperto delle psicologie aziendali), uniti dalla stessa “mancanza di empatia e compassione, capacità sociali deficienti, sprezzo per le norme morali e legali”. Ma nelle forme attenuate, certe psicopatie rendono chi ne è affetto altamente “funzionante”, e lo portano – paradossalmente, al successo in aziende multinazionali e a capo di Stati (o di chiese).

La maggior parte degli studi psichiatrici riguardano infatti dei carcerati. “I detenuti sono facili, amano incontrare i ricercatori, ciò interrompe la monotonia delle loro giornate”, racconta lo psichiatra Robert Hare: “Sappiamo molto meno sulle psicopatie aziendali e le loro conseguenze: gli amministratori delegati, i politici, i ministri – questi squali – mica si fanno esaminare”. Robert Hare, con il collega Paul Babiak, ha condotto uno dei rarissimi studi sul tema: P. Babiak, C.S. Neumann, R.D. Hare, “Corporate psychopathy: Talking the walk,” Behavioural Sciences and the Law, at et al 2010.pdf.

Entrambi sono d’accordo: alla testa delle grandi aziende e delle finanziarie, gli psicopatici sono uno su venti, ossia 4 su cento: se vi sembra poco, pensate che è un’incidenza quattro volte superiore ai disturbati nella popolazione generale. Secondo loro, “Wall Street potrebbe contarne uno su 10, attirati dai vuoti normativi che consentono grossi profitti”.

Vediamo dunque l’identikit che Hare fa di questi potenti: “Un fascino superficiale, un ego senza limiti, menzogna patologica, astuzia fredda e calcolata per raggiungere la preda. Spesso impulsivi e irresponsabili, mostrano assenza di empatia e mancano di senso di colpa, non hanno rimorsi. La loro pericolosità è accentuata da altri caratteri, come la polivalenza criminale e una marcata capacità di manipolare [cioè soggiogare la volontà altrui], ingannare e controllare”.

Sono i caratteri, diciamo, di un gangster di successo, di Al Capone che si è fatto la banda, ha la Chicago ufficiale ai suoi piedi, e poi finisce in galera. “Sono i tratti che permettono agli psicopatici di ascendere a posizioni di vertice di potere e d’influenza. Al potere assoluto” nelle grandi imprese o organizzazioni. Che suscitano espressioni come “Quel bastardo! Bravo però…ma che stronzo”.

La cosa non stupisce il professor Joel Bakan, docente di diritto all’università della Colombia Britannica (Canada) che ha contribuito ad uno studio dal titolo “Do Psychopats run the World?”, gli psicopatici comandano il mondo?


Cosa c’entra un docente di legge nella questione delle psicopatia? C’entra, se ascoltate quel che ha da dire il giurista. “Anche se per lo più alla testa di imprese ci sono persone morali, è anche vero che i dirigenti devono anzitutto servire gli interessi dell’impressa che guidano. Gestiscono soldi che non sono i loro: non possono usarli per guarire malati….”. Dunque? “Nel mondo dell’impresa, le persone buone sono incoraggiate a comportarsi male. Dopotutto la società, come la personalità psicopatica che le somiglia, è programmata per sfruttare il prossimo a fini di lucro”.
Harvard sforna psicopatici?


Ciò vale per la Società per Azioni, come per la società odierna in genere. Darrel West della Brooking Institution, ad esempio, ha sottolineato la responsabilità proprio delle facoltà di diritto e di business administration – dalle quali escono i futuri capi d’impresa, speculatori di Wall Street e amministratori delegati di multinazionali quotate – nel formare (o attrarre) psicopatici di potere. Lì, ha spiegato West, inchiodano nella testa degli studenti il concetto che Milton Friedman, l’economista del liberismo totale, scrisse nel 1970: “Massimizzare il valore per gli azionisti è la sola responsabilità di un’azienda – La sola responsabilità sociale dell’impresa è massimizzare i profitti. Alla fine degli studi, i neo-laureati – lo vediamo dai questionari che gli sottoponiamo – vedono l’interesse dell’azionariato come l’obbiettivo sociale più importante”. Ciò è aggravato, riconosce lo studioso, dal fatto che proprio le scuole più prestigiose che danno i più pregiati masters in business administration [gestione aziendale, ragioneria, economia e commercio da noi] non hanno corsi distinti “che forniscano delle concezioni generali sul compito dell’impresa nella società”, sono scuole che insegnano tecniche. E rendono indifferenti alla morale.

Fatto su cui riflettere. Per secoli, fino a ieri anche nel mondo britannico, le scuole che preparavano classi dirigenti ad assumere le posizioni di potere, erano scuole classiche: Eton, Oxford… corsi umanistici, dove si insegnavano latino e greco, storia greca e romana, storia della filosofia, e nessuna “tecnica di gestione”; quelle le imparavano durante la carriera. Oggi è l’ideologia di Friedman che ha conformato dirigenti di multinazionali e leader d’opinione, educandoli alla mancanza di responsabilità verso gli altri.

Lo psicopatico “finge l’azione morale per servirsene come strumento per manipolare gli altri”; allo stesso modo, il “bastardo” di successo, fa profitti senza scrupoli ed è “motivato dalla giustificazione morale che la sua cultura-ambiente gli mette a disposizione”, dice Hare: criminali in colletto bianco. Eh sì. Essi “Prosperano perché i caratteri che definiscono il loro disordine psichico sono in realtà valorizzati”. Quando i grandi speculatori vengono beccati a delinquere, specie nel mondo bancario-finanziario, “cosa gli si fa? Un buffetto sulla mano, una interdizione ad operare in Borsa di sei mesi, una multa….”, sospira lo psichiatra.

A questo punto è difficile distinguere un “bastardo” deliberato da uno psicopatico. Entrambi sono motivati dalla giustificazione morale che traggono dal loro ambiente. “Ciò significa la capacità di un sistema psicopatico di conformare la propria classe dirigente”, riflette Nick Parkins, filosofo.

Una sinistra riprova è proprio nel raro studio di Hare e Babiak sui disturbati che hanno raggiunto il vertice delle carriere. Benché essi siano oggettivamente gestori di scarsa qualità, con poco spirito di equipe e ricevano valutazioni di prestazioni cattive dai dipendenti (come è logico: sono malati mentali, mica sanno lavorare bene), proprio coloro che hanno alti “punteggi” clinici come psicopatici sono portati in palmo di mano dai loro superiori immediati come “creativi e innovatori, buoni comunicatori e pensatori strategici”.

Un equivoco tragico che però si spiega: chi ha questi disturbi di personalità “ha la comunicazione, la persuasione, le competenze di relazioni interpersonali per sormontare tutte le “cadute” nella loro carriera”.

“In certe imprese i quadri psicopatici sono considerati come aventi capacità di leadership, a dispetto del rendimento cattivo e delle note sfavorevoli dei subordinati”, dice Babiak. E’ da gran tempo noto agli psichiatri che gli psicopatici di questo genere hanno una grande competenza a manipolare i decisori: “una infallibile capacità dello psicopatico di cercare e privilegiare le relazioni con i più alti in autorità, e mostrano una formidabile abilità a influenzarle” (Dennis Doren, Understanding and Treating the Psychopath, Wile, 1987) . Hanno una qualità da camaleonti di imitare il loro ambiente leggendo e influenzando i superiori con l’arte dell’inganno, con l’auto-promozione o a sottile persuasione.

Del resto anche sui social media, gli individui che avevano ottenuto un alto punteggio nei test di personalità narcisistica “avevano più amici su Facebook”, ovviamente, perché “aggiornavano più regolarmente il loro profilo”, con molte foto di se stessi (D. Pearse, “Facebook’s dark side: study finds link to socially aggressive narcissism,” The Guardian, 17 March 2012). Un esempio di quella loro speciale “competenza”.

A guardare la storia, ci si accorge che John D. Rockefeller, famoso magnate del petrolio e “robber baron”, capace di rovinare senza il minimo scrupolo i concorrenti, che proclamava (religiosissimo): “Il mio denaro me l’ha dato Dio”, aveva tratti di personalità psicopatica. E così Mayer Rotschild e J.P. Morgan,famosi banchieri d’affari ammirati sulla scena finanziaria che hanno anche seminato attorno a loro distruzione e sofferenze.

Questi personaggi hanno trovato nell’ambiente americano e nelle sue “libertà” e “individualismo” il posto ideale per fiorire: nello stesso tempo, hanno conformato il modo di pensare americano per cui, poniamo, i poveri lo sono per colpa loro, sono immeritevoli di sostegno. Oggi trionfa in Usa una ideologia che non riconosce se stessa, che in mancanza di meglio chiameremo “cattivismo”. Si va da Hillary Clinton che ridacchia per l’uccisione di Gheddafi (“Veni, vidi, e lui morì”) o chiede “se non c’è un drone per ammazzare Assange”, alla Nuland di “fuck Europe”, al senatore McCain che se la intende coi più sanguinari terroristi in Siria e instancabilmente cerca la guerra con la Russia, fino ai direttori della Cia che minacciano apertamente di far uccidere questo e quello; senza dimenticare Obama che ha ammazzato centinaia di esseri umani nel mondo, scegliendoli da liste presentategli dai servizi, in esecuzioni extragiudiziali con droni.
“Delizioso rovinare la gente”

A Wall Street e nel mondo degli affari questo sentimento è coltivato con godimento. “L’idea di rovinare la gente è semplicemente deliziosa: niente di personale, è alimentare. Il potere è tutto ciò che mi ha veramente interessato nella vita – il potere distruttore, la conoscenza, l’influenza invisibile”: così ha confessato una donna di successo, che ha descritto la sua malattia – di cui è diventata consapevole – sotto lo pseudonimo di M.E: Thomas, “Confessioni di una sociopatica. Viaggio nella mente di una manipolatrice” (pubblicato in Italia da Marsilio, 2013)



Ma che il cattivismo, traversato l’Atlantico, sia diventato l’ideologia delle oligarchie dominanti anche in Europa, bastano a dimostrarlo certe affermazioni di Mario Monti (“Stiamo efficacemente distruggendo la domanda interna, mai sprecare una bella crisi”) , o le note parole di Tommaso Padoa Schioppa sul vero senso delle “riforme” imposte della UE:

“Nell’Europa continentale, un programma completo di riforme strutturali […] delle pensioni, della sanità, del mercato del lavoro, della scuola.., dev’essere guidato da un unico principio: attenuare quel diaframma di protezioni che nel corso del Ventesimo secolo hanno progressivamente allontanato l’ individuo dal contatto diretto con la durezza del vivere, con i rovesci della fortuna, con la sanzione o il premio ai suoi difetti o qualità“.

Per non parlare della brutale assenza di compassione che Berlino e Bruxelles usano contro i Greci. Così l’intera “civiltà” occidentale è arrivata al punto descritto dal saggista Michael Ellner: “Proviamo solo a guardarci. Tutto va a rovescio. I medici distruggono la salute, gli avvocati distruggono la giustizia, le università distruggono il sapere, i governi distruggono la libertà, i media più influenti distruggono l’informazione e le religioni distruggono la spiritualità» [vedi Bergoglio, vedi il wahabismo,ndr.]


Aggiungiamo a questo mondo a rovescio il connotato più agghiacciante: la pedofilia. Vizio occultato delle più alte elites, da JimmY Savile l’uomo di spettacolo della BBC (oggi defunto) che ha stuprato bambini e financo cadaveri, e condotto rituali satanici, mentre i suoi superiori chiudevano gli occhi, fino al recente e soppresso scandalo Pizzagate, nell’ambiente massimamente “cattivista” dei fratelli Podesta e del Comet PingPong. Perché certo in quegli atti, potenti che si sanno impunibili e se ne infischiano delle norme penali godono della “delizia di rovinare gente”.

C’è dunque “una malevolenza sistemica nascosta nella società” che seleziona gli psicopatici per i vertici del potere e viene conformata dagli psicopatici? Dove “la psicopatia funziona in quanto parte integrante del sistema” e gli psicopatici sono adorati e imitati dalle masse per i loro successi? Se lo domanda il filosofo Nick Parkins. Il quale conclude: “Di colpo, il termine psicopatia non sembra più sufficiente”.




Già. Forse è per tranquillizzarci che diamo nomi clinici a realtà che vengono da regioni più oscure e abissali; forse questa società in cui si praticano libertà scandalosamente senza limiti, si è consegnata volontariamente all’Anomos. Il Cattivista per eccellenza. Il Narcisista primario, colui che proclamò, in una notte senza tempo: “Non serviam”.

[MB.  L’articolo è liberamente ispirato al saggio di  Nick Parkins su New Dawn: Do psycopaths run the world?] 

http://www.newdawnmagazine.com/articles/do-psychopaths-run-the-world

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