Scandalo della carne importata dal Brasile: cento rinviati a giudizio, 38 arresti, 21 aziende coinvolte e blocco delle esportazioni

Lo scandalo della carne infetta, avariata e addizionata con sostanze sospette scoppiato in Brasile (primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami) probabilmente è il più grande scandalo alimentare verificatosi a livello globale. Il panico non è ancora scattato ancora, perché probabilmente non ci sono state vittime accertate né infezioni diffuse. La preoccupazione delle autorità sanitarie è grande, perché è emerso un quadro di corruzione e di pratiche illegali evidenziate da una mega-inchiesta durata tre anni.

Ecco i fatti. Tutto nasce da tangenti di miliardi di dollari pagate dai giganti brasiliani delle costruzioni a politici di primaria importanza, per l’assegnazione di appalti con le aziende controllate dallo stato (soprattutto con Petrobas, il colosso statale del petrolio). Le indagini hanno fatto emergere i nomi di molti personaggi (tra i quali alcuni ministri dell’attuale governo di Michel Temer) e si è via via allargata al settore delle carni cruda e/o confezionata. Risultato finale di oltre 190 ispezioni fatte da mille agenti: oltre cento rinviati a giudizio, 38 arresti, in gran parte ispettori sanitari, accusati di aver incassato mazzette per permettere la vendita di carni scadute, il cambio di etichetta, l’aggiunta di sostanze proibite, 21 aziende coinvolte (vedi lista), e soprattutto il blocco delle esportazioni.
Il Brasile è il primo produttore al mondo di carne bovina e di pollami

Negli ultimi giorni il Giappone, il Canada, il Messico, la Svizzera e Hong Kong hanno annunciato il fermo totale o parziale dell’acquisto di carni dal Brasile. La scelta arriva subito dopo la decisione dall’Unione Europea, dal Cile, dalla Corea del Sud, che ha appena revocato la decisione, e soprattutto dalla Cina, per la quale il Brasile era il primo fornitore di carni, con il 31% del mercato (al momento l’Australia, secondo fornitore, sta cercando di venire incontro all’aumento di domanda, ma non riesce a soddisfare del tutto le richieste). Nello specifico, secondo quanto riferito da Reuters e da altre fonti, le irregolarità riscontrate dagli ispettori brasiliani sono di diverso tipo.

Additivi: secondo quanto riportato nei verbali, diverse piccole aziende non hanno esitato a utilizzare sostanze vietate per mascherare odore e aspetto della carne avariata. Tra gli agenti usati c’è stato l’acido sorbico, che secondo il ministero dell’agricoltura viene impiegato regolarmente e, nelle quantità indicate dalle tabelle ministeriali, non costituisce un pericolo. Anche l’Unione Europea ne consente l’uso (E200), riportando le dosi massime, e l’Efsa nel 2015 ne ha indicato le dosi massime giornaliere come sale di potassio.
Lo scandalo della carne dal Brasile ha riguardato anche frodi nell’etichettatura

Etichettatura: vi sono prove del cambio di etichetta a prodotti arrivati oltre la data di scadenza, pratica abituale, sempre secondo quanto emerso in alcune intercettazioni.

Batteri: alcuni prodotti di una delle più grandi aziende coinvolte, la BRF, contenevano salmonelle del ceppo Saint Paul, tollerato dalla legislazione europea. Il caso riguarda specificamente l’Italia, perché in un’intercettazione telefonica viene chiesto di tenere le confezioni nei container – presumibilmente di un porto, ma quanto emerso non specifica dove, ndr -, evitando di esportarle in Europa.

Imballaggi: sempre attraverso le intercettazioni era emersa una migrazione di sostanze dal cartone alle carni di pollo di BRF, ma l’azienda ha negato sostenendo che si è trattato di un malinteso e che ciò di cui si parlava erano gli imballaggi più esterni di cartone, perché nessun tipo di cartone viene a contatto diretto con le carni.

Il problema però non sembra essere una novità per le autorità sanitarie di Bruxelles, che da anni ricevono numerose segnalazioni da parte dei paesi europei per la carne brasiliana non conforme. D’altro canto basta leggere i dati del sistema di allerta Rasff per rendersi conto: dal 1 gennaio 2012 al 1 marzo 2017, ci sono state 314 notifiche sulla carne proveniente dal Brasile. Nello stesso periodo i prodotti a base di carne segnalati importati dall’Argentina sono stati 14, quelli dal Cile 1, nessun rilievo per quelli provenienti da Usa, India, Australia,Uruguay, Canada, Messico, Russia.

I ministeri e le aziende brasiliane coinvolte stanno cercando disperatamente di fermare il disastro, ma la sensazione è che potrebbe essere troppo tardi, data la gravità e l’estensione di quanto riscontrato dalla polizia. Paesi come la Cina hanno imposto un bando che non ha scadenza, hanno ritirato i prodotti brasiliani dal mercato. Iniziative come queste potrebbero mettere in ginocchio una delle pochissime voci in positivo di un’economia in pesante crisi, e il coinvolgimento di mezzo governo di certo non aiuta. Quest’ultimo ha preso le difese dei produttori, affermando che si tratta di mele marce in un sistema sano, e arrivando a minacciare ritorsioni commerciali a paesi come il Cile, dal quale importa molte merci.

Dopo l’ennesimo scandalo della carne, ancora una volta ciò che emerge è la grave debolezza delle reti globali di approvvigionamento alimentare: carne avariata o adulterata venduta ai quattro angoli del pianeta, cioè a paesi che hanno sistemi di sicurezza alimentare molto diversi e non dialoganti tra loro. Nessuno si era accorto di nulla, pur comprando abbondantemente carne brasiliana. Fino a quando qualcuno non ha telefonato a un deposito in Italia, e ha detto: quella carne non deve andare in giro.

Secondo un articolo firmato da Anna Flávia Rochas del 24 marzo 2017 e pubblicato sul sito Meatingplace, JBS, una delle grandi aziende coinvolte nello scandalo della carne, ha deciso di sospendere l’attività per tre giorni in 33 dei 36 macelli bovini situati in Brasile, a causa della mancanza di richieste da parte dei Pesi che hanno interrotto le importazioni. Per i prossimi giorni l’azienda ha in programma una riduzione del 35% della produzione. Secondo dati pubblicati da BTG Pactual le vendite di carne del Brasile verso: Cina, Hong Kong, Egitto e Cile rappresentano oltre il 53% delle esportazioni del settore.

Fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/scandalo-della-carne-dal-brasile.html

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