Gli italiani sborsano 1 miliardo di Euro per le basi USA

L’Italia non ha proprio più alcuna sovranità. Attualmente sono operativi ben 59 avamposti di guerra nel belpaese
- che peraltro inquinano più delle maggiori industrie letali - sotto la bandiera United States of America e il vessillo NATO. Costano all’ignaro popolo italiano un miliardo di euro all’anno (a parte il danno sanitario e quello ambientale). Altri 29 miliardi di euro danno fondo al bilancio delle spese militari italidiote per 365 giorni (anno 2017). Insomma, un lusso, anzi uno spreco che non possiamo più permetterci - un costo ostinatamente mascherato nel bilancio statale - lievitato sempre più da quando lo Stivale nel 1949 entrò a forza nel patto atlantico, soprattutto da quando i contingenti militari statunitensi piombarono a metà degli ani '50 - dopo la proclamazione della neutralità dell’Austria - nuovamente nella nostra patria. Senza contare gli impianti bellici dismessi ad inquinare montagne e marine italiane. Gentiloni può smentire?





Nel 2013 una delegazione di onorevoli 5 stelle, invece di denunciare l’installazione fuorilegge del MUOS in Sicilia, si recò in loco per una sorta di visita premio. Singolare coincidenza: qualche giorno fa, l’aspirante primo ministro Luigi Di Maio (in guerra con lingua italiana e inglese, nonché storia e geografia) ha incontrato a Roma l’ambasciatore yankee Lewis Eisenberg che ha concesso la sua benedizione ai pentastellati, già controllati a decorrere dal 2008 (alla voce "incontro segreto" di Grillo e Casaleggio con l'ambasciatore Spogli, propedeutico alla germinazione pentastelluta nel 2009). Di Maio ha annunciato il suo prossimo ministro della Difesa, ovvero Elisabetta Trenta: un nome e un programma. Non a caso quelli che dovevano aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, hanno poi innescato la marcia indietro tutta. Aspirano forse anch'essi a trasformarsi in casta parassitaria?

Secondo i resoconti forniti dal Pentagono, gli Usa dispongono ufficialmente di 686 basi disseminate in 74 diverse nazioni del globo, attraverso le quali si sorvegliano da vicino i governi che non sono necessariamente favorevoli all’espansione della loro influenza sulle risorse dei loro territori. Non a caso, i padroni Usa considerano la superficie terrestre come un terreno da conquistare, da occupare e da sfruttare. La divisione del mondo in unità di combattimento e di comando illustra molto bene questa tragica realtà. Le installazioni statunitensi sono a loro volta classificabili in quattro categorie diverse: basi aeree (Air Force), basi terrestri (Army), basi navali (Navy) e basi con compiti di comunicazione e sorveglianza (Spy). In Italia risulta stanziata una forza di occupazione militare di oltre 12 mila soldati. Senza contare l’arsenale nucleare - vietato dal Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Eppure nell’agenda della casta che bivacca per conto straniero ai piani alti dello Stato tricolore, il problema non è preso in considerazione.

I contratti d’affitto per le basi (ormai territorio statunitense a tutti gli effetti) contengono clausole che impongono al Paese ospitante di sobbarcarsi parte cospicua dei costi necessari alla manutenzione e, all’occorrenza, all’allargamento delle strutture militari statunitensi. Una prova è quella offerta dai maggiordomi dello Stato italiano, che hanno sborsato centinaia di milioni di euro per rimettere in sesto e/o riadattare le basi alle necessità dei loro esigenti inquilini. Nella basi di Aviano e Ghedi, ad esempio, l’Italia ha compartecipato – con non meno di 80 milioni – alla realizzazione dei lavori per la messa in sicurezza delle bombe atomiche USA che, come rilevato da


Hans Kristensen, membro di alto rango della Federation of American Scientists,


«sono state custodite in condizioni non sicure da oltre vent’anni a questa parte. Gli interventi hanno come scopo di aumentare la protezione fisica delle armi nucleari stoccate nelle basi della Us Air Force. Gli aggiornamenti della protezione confermano in modo indiretto che la sicurezza delle armi nucleari americane presenti nei siti europei è stata inadeguata per oltre due decenni».

Un problema non da poco, se si considera che ad Aviano sono presenti decine di F-16 armati con testate nucleari, e che Ghedi custodisce decine di bombe all’idrogeno B61-12. L’Italia ha inoltre cofinanziato l’ampliamento della base di Aviano, necessario per permetterle di accogliere il 606° Air Control Squadron, l’unità addetta (con un personale di 200 militari) al comando, controllo e rifornimento durante grandi operazioni di guerra aerea che fino alla fine del 2014 era di stanza presso la base di Spangladem, in Germania.

Ciò rientra nel processo di riposizionamento delle forze militari Usa in Europa, nel cui quadro si inserisce anche la ristrutturazione di Camp Darby, la base logistica dello Us Army contenente l’equipaggiamento completo per due battaglioni corazzati e due di fanteria meccanizzata trasferibile nei ‘teatri di crisi’ attraverso il porto di Livorno e l’aeroporto di Pisa. Secondo i programmi, l’immensa struttura dovrebbe essere notevolmente ridimensionata, ma ciò


«non significa che la sua capacità sarà ridotta. Il collegamento col porto di Livorno è stato potenziato dai lavori effettuati dagli enti locali (a guida Pd) sul Canale dei navicelli, allo scopo dichiarato di dare impulso ai cantieri che fabbricano yacht (in realtà in crisi e in attesa di qualche compratore straniero) […]. Per di più nel limitrofo interporto di Guasticce, sullo Scolmatore dove sono in corso lavori per accrescerne la navigabilità, si può creare un indotto per lo stoccaggio di materiali logistici di Camp Darby. In tal modo si può liberare, nella base, spazio da destinare agli armamenti. Per di più, l’area che il comando Usa dovrebbe ‘restituire all’Italia’ nei prossimi anni andrà al Ministero della Difesa, che la potrà destinare a funzioni di supporto di Camp Darby e alla proiezione di forze: l’aeroporto militare di Pisa è stato trasformato in hub aereo nazionale da cui transitano gli uomini e i materiali destinati ai vari teatri bellici, e sempre a Pisa si è appena costituito il Comando delle forze speciali dell’esercito». 

Ovviamente non è tutto. A Vicenza, circa 8 milioni di euro dei contribuenti italiani sono stati spesi per la riqualificazione delle caserme Del Din ed Ederle, dove alloggiano il quartier generale della Us Army in Italia e i membri della 173° brigata aviotrasportata con rispettive famiglie. L’Italia ha inoltre messo a disposizione un quarto dei 200 milioni di euro necessari alla costruzione del nuovo quartier generale della NATO presso Lago Patria (vicino a Napoli, il cui porto ospita la Us Sixth Fleet), più altri milioni vari per la riconfigurazione della viabilità attorno a questo nuovo sito. Altri fondi sono stati stanziati per adattare le piste delle base di Amendola (in provincia di Foggia) ai cacciabombardieri nucleari F-35 e ai droni Predator, mentre una quota non irrilevante dei 100 milioni di dollari necessari al potenziamento della Naval Air Station di Sigonella, dove verrà impiantata l’apparecchiatura di ricezione e trasmissione satellitare Jtags che, come il Muos di Niscemi, è funzionale allo ‘scudo anti-missili’ che gli Usa stanno innalzando in Europa - dato non irrilevante, la realizzazione delle strutture del Jtags è stata appaltata, tra le altre, ad una ditta in odore conclamato di mafia.

Riferimenti:


Autore: Gianni Lannes



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