il Gran Sasso radiazioni pari ad un ¼ di quelle sprigionate a Fukushima

PESCARA. Lo sapevano tutti, non lo sapeva nessuno. “Tutti” gli scienziati ne parlano da oltre 10 anni, sui giornali si scrive da altrettanto tempo, eppure “nessuno” del volgo sapeva con precisione di cosa si trattasse.


E’ la storia dell’esperimento Sox (parte di quello denominato Borexino, finanziato con milioni di euro dall’Europa e dal Governo) che è stato nascosto agli abruzzesi mostrandolo al mondo e omettendo alcuni particolari che oggi non appaiono più così “trascurabili”.


Il primo particolare celato è che i Laboratori del Gran Sasso (vanto nel mondo e ritrovo delle eccellenze scientifiche) non sono sicuri, non sono adeguati alle norme, le camere dove si stoccano e maneggiano sostanze pericolose non sono isolate dall’acquedotto che abbevera 700mila persone ed infatti dal 2002 vi sono state contaminazioni (poche quelle note).


Il secondo particolare è che gestire sostanze radioattive in queste condizioni equivale ad un azzardo bello e buono il cui costo potrebbe andare ben al di là delle centinaia di milioni pubblici già spesi.


Forse per questo nessuno ha avuto interesse a spiegare che sotto il Gran Sasso arriveranno fonti radioattive degne di una centrale nucleare e nella fattispecie pari ad un quarto della radioattività sprigionatasi a Fukushima.


In compenso dall’esperimento ne deriveranno sonni più tranquilli per tutti gli scienziati che da decenni si interrogano su Borexino, elettroni ed i misteri della micromateria potendo avere risposte in ogni caso certe.


Di fatto nei laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso è in corso dal 2013 la predisposizione l’esperimento Sox che dovrebbe terminare nell’estate 2018 e utilizzerà una potente sorgente radioattiva di Cerio 144 proveniente da combustibile radioattivo di un reattore nucleare russo.


La descrizione delle attività è riportata sul sito del programma Cordis dell’Unione Europea e da pubblicazioni dei ricercatori coinvolti.


L’esperimento Sox è frutto di una collaborazione internazionale tra enti di ricerca e università.


Si tratta di una ricerca sui neutrini che impiegherà per oltre un anno all’interno dei Laboratori al di sotto dell’impianto Borexino, altro esperimento già in corso da anni; questa sorgente radioattiva da 100/150 mila curie sarà incapsulata nel più grande contenitore di tungsteno mai prodotto, in Cina, da 19 cm di spessore, per schermare le radiazioni gamma.






RADIAZIONI PARI A ¼ DI FUKUSHIMA


L’attività radioattiva della sorgente è pari a circa un quarto del Cesio 137 radioattivo emesso nell’oceano da Fukushima, come riporta il rapporto tecnico della Iaea sull’incidente.


Il trasporto della sorgente prodotta a partire dal combustibile, avverrà dal sito nucleare di Mayak, tristemente nota per essere la città dove nel 1957 avvenne un grave incidente, attraverso la Francia in un contenitore fornito dalla Areva, colosso transalpino del nucleare.


Il percorso della sorgente radioattiva di Cesio 144 prevede il trasporto via treno da Mayak a San Pietroburgo e da qui via nave fino a Le Havre in Francia.


Qui un trasporto su gomma condurrà il contenitore da venti tonnellate, in cui è inserito a sua volta il cilindro, di tungsteno al Gran Sasso.


Il carico del primo materiale di prova è giunto oggi intorno alle ore 12 in leggero anticipo sulla tabella di marcia nei laboratori, forse per paura di una protesta ambientalista che non c’è stata, nonostante da due giorni ormai si parla improvvisamente di questo esperimento senza alcun contributo ufficiale dei Laboratori e delle istituzioni pubbliche.


In alcune dichiarazioni il direttore Stefano Ragazzi ha smentito l’arrivo di materiale radioattivo mentre invece qualcosa di radioattivo è arrivato e sarà utilizzato in una prova o simulazione.


L’ALLARME DEL FORUM H2O


«I Laboratori, classificati già ora come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante, sono stati oggetto nel passato, anche recente, di fuoriuscite di sostanze non radioattive ma tossiche come il trimetilbenzene», ha dichiarato Augusto De Sanctis, del Forum H2O.


«La prova del trasporto di cui si ha notizia in questi giorni – ha proseguito De Sanctis – stante ai documenti della prefettura di L’Aquila, comunque pare aver comportato il trasporto di materiale irraggiato, immaginiamo che il contenitore per il trasporto futuro della vera sorgente radioattiva. L’acqua del Gran Sasso è non solo utilizzata per bere da centinaia di migliaia di persone in quattro province ma alimenta torrenti e fiumi che sono un patrimonio tutelato dal parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga e da siti di interesse comunitario. Già nel 2002 con lo sversamento di trimetilbenzene proprio da Borexino e più recentemente nell’agosto 2016 con il Diclorometano, si è avuta dimostrazione della possibilità di queste sostanze di raggiungere addirittura l’acquedotto. A nulla sono serviti gli 84 milioni spesi per la messa in sicurezza dal Commissario Delegato Balducci a metà degli anni 2000».


I LAVORI NEL LABORATORIO


Il contenitore di tungsteno da record che conterrà la sorgente radioattiva sarà trasportato alla base del gigantesco contenitore che è il fulcro dell’esperimento Borexino.


Lo spostamento della delicatissima sostanza avverrà su binari all’interno di un tunnel costruito per finire sotto l’impianto esistente di un metro per un metro e di 10 metri di lunghezza.


I lavori sono stati eseguiti nei mesi scorsi ma anche su questo aspetto è calato il riserbo.




















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