Come ovviare al problema? Semplice. Pagando di tasca propria i continui tamponi che sarà necessario effettuare una volta scaduto il Green pass oppure rinnovandolo, il che significa ricevere la terza dose. Guarda caso, proprio in queste ore un sondaggio del Corriere della Sera metteva in evidenza come un italiano su quattro abbia ancora oggi dubbi sull’opportunità di un nuovo richiamo. Numeri che spaventano evidentemente Draghi e i suoi ministri, al punto da spingerli all’ennesimo ricatto: “Volete rinnovare il Green pass? Mettete da parte i dubbi e sotto con la terza dose, senza fiatare. Altrimenti saranno affari vostri”.
18 milioni di persone, dunque, saranno ancora una volta messe con le spalle al muro. Il tutto mentre non si placano le polemiche proprio sui vaccini che il governo continua a volerci imporre. Da giorni, c’è una domanda che tiene banco: “Ma quanto dura di preciso la protezione offerta da questi farmaci?”. La Regione Lazio in queste ore ha rilasciato indicazioni chiare ai cittadini: “Importante. Il richiamo della terza dose va fatto dopo i 180 giorni senza aspettare la scadenza del Green pass”. Sei mesi, dunque, sembra essere la risposta più corretta, almeno stando alle indicazioni attualmente a disposizione.
Se, dunque, i vaccini garantirebbero una protezione dal Covid limitata a soli 6 mesi, come mai il governo continua a insistere su un Green pass dalla validità di un anno? E perché le case farmaceutiche hanno tenuto nascosti i dati sulla reale efficacia dei loro farmaci nel tempo salvo poi, solo dopo aver ottenuto l’ok dagli enti regolatori, invitare tutti a vaccinarsi in fretta e furia con una nuova dose? Motivi di business si dirà, ovviamente. Con il tacito consenso di governi e agenzie del farmaco, evidentemente concordi nel lasciare campo libero ai colossi di Big Pharma.
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