21/12/2021 - Nel maggio 2010 la Rockefeller Foundation, in collaborazione con il Global Business Network, ha pubblicato il rapporto “Scenari per il futuro della tecnologia e dello sviluppo internazionale”. Per sensibilizzare l’attenzione verso la necessità di imparare a guardare al futuro in modo differente, lo studio utilizza lo strumento degli scenari per immaginare e simulare diverse strategie al fine di essere più preparati per il futuro o, più ambiziosamente, per plasmarlo.
Vengono prospettati quattro scenari – Lock Step, Clever Together, Hack Attack e Smart Scramble – che ipotizzano il verificarsi di catastrofi naturali e altre configurazioni apocalittiche. Il primo è uno scenario pandemico, impressionante per la somiglianza rispetto a quanto si è verificato con la dichiarata pandemia da Covid-19. Nessuno prima d’ora conosceva la parola lockdown, né avrebbe mai potuto immaginare il confinamento dell’intera popolazione, sana e malata, senza distinzione, per fini di prevenzione e così a lungo (lo stesso termine quarantena deriva da quaranta, i giorni di isolamento cui venivano sottoposti i malati affetti da malattie contagiose).
Questa la distopica narrazione, impressionante per il suo valore profetico:
Nel 2012, la pandemia che il mondo aspettava da anni è finalmente arrivata. Diversamente dal H1N1 del 2009, questo nuovo ceppo di influenza, portato dalle anatre selvagge, è stato estremamente violento e letale. Persino le nazioni meglio preparate alla pandemia sono state rapidamente travolte, quando il virus ha invaso il mondo, contagiando circa il 20% della popolazione globale, e uccidendo 8 milioni di persone in soli sette mesi, in maggioranza giovani adulti sani. La pandemia ha avuto anche un effetto letale sulle economie: il movimento internazionale, sia di persone che di beni, si è improvvisamente bloccato, indebolendo industrie come quella del turismo, ed interrompendo le catene globali di rifornimento. Persino a livello locale, negozi e uffici normalmente pieni di attività sono rimasti improvvisamente vuoti. La pandemia ha colpito tutto il mondo, ma ha fatto vittime in maniera sproporzionata soprattutto in Africa, nel Sud Est Asiatico e in America Centrale, dove il virus si è sparso con la rapidità del fuoco in assenza di protocolli ufficiali per contenerlo. Ma persino nei Paesi più sviluppati il contenimento è stato un grosso problema. La politica iniziale degli Stati Uniti di “scoraggiare vivamente” i cittadini dal viaggiare in aereo si è dimostrata letale per la sua troppa indulgenza, ed ha accelerato la diffusione del virus, non solo negli Stati Uniti ma anche oltre frontiera. Nonostante tutto, alcuni Paesi se la sono cavata meglio, in particolare la Cina: la rapida imposizione da parte del governo cinese di una quarantena obbligatoria per tutti i suoi cittadini, accompagnata dalla chiusura ermetica istantanea di tutte le sue frontiere ha salvato milioni di vite, fermando la diffusione del virus molto prima che in altri Paesi, e permettendo in seguito un più rapido recupero.
Il governo cinese non è stato l’unico a prendere misure estreme per proteggere i propri cittadini dal rischio del contagio. Durante la pandemia, diversi leader nazionali hanno fatto pesare la propria autorità e hanno imposto regole e restrizioni severissime, dall’obbligo di portare mascherine al controllo della temperatura corporea all’ingresso di spazi comuni come le stazioni o i supermercati. Anche dopo la fine della pandemia, questo controllo autoritario sui cittadini e sulle loro attività è continuato, e si è addirittura intensificato. Al fine di proteggersi dalla diffusione dei crescenti problemi globali – dalle pandemie al terrorismo transnazionale, dalle crisi ambientali all’aumento della povertà – diversi leader nel mondo hanno stretto ancora più fortemente il pugno del potere. Inizialmente il concetto di un mondo più controllato aveva ricevuto grande accettazione ed approvazione. I cittadini erano disposti a cedere parte della propria indipendenza e della propria privacy a governi più paternalistici, in cambio di maggiore sicurezza e stabilità. I cittadini erano più tolleranti e perfino desiderosi di ricevere direzione e controllo dall’alto, e i leader nazionali ebbero così mano libera nell’imporre l’ordine nel modo in cui preferivano. Nei Paesi più sviluppati questa accresciuta forma di controllo si concretizzò in vari modi: identità biometrica per tutti i cittadini, ad esempio, unita a regole più severe per le industrie ritenute vitali per l’interesse nazionale. In molti Paesi sviluppati questa cooperazione forzata, insieme a nuove regolamentazioni ed accordi, ha portato lentamente a restaurare l’ordine, e – cosa molto importante – la crescita economica. Nel mondo in via di sviluppo invece le cose sono andate molto diversamente. L’autorità dall’alto ha assunto diverse forme in Paesi differenti, a seconda del calibro, delle capacità e delle intenzioni dei loro leader.
Lo scenario Lock Step prosegue descrivendo come il divario tecnologico fra i Paesi avanzati e quelli in via di sviluppo si sia allargato, nonché la chiusura nazionalistica e le ritorsioni tra i vari Paesi. Colpisce il finale della simulazione, che segna l’epilogo della deriva autoritaria e repressiva dei governi su scala globale:
Intorno al 2025 la gente cominciava a mal tollerare questo pesante controllo dall’alto, nel quale erano sempre i leader a fare le scelte per tutti. Dovunque gli interessi nazionali si scontrassero con quelli individuali nascevano conflitti. Sporadiche proteste diventarono sempre più organizzate e coordinate, man mano che i giovani, scoraggiati nell’aver visto le proprie possibilità svanire nel nulla – soprattutto nei Paesi in via di sviluppo – sollevavano disordini civili. Nel 2026 una protesta popolare in Nigeria abbatté il governo, accusato di nepotismo e di corruzione. Persino coloro che apprezzavano la maggiore stabilità e prevedibilità di questo mondo iniziarono a sentirsi a disagio, imbrigliati dall’enorme quantità di regole e limitati dai confini nazionali. Si sentiva nell’aria che prima o poi qualcosa avrebbe inevitabilmente sconvolto il rigoroso ordine per stabilire il quale i governi del mondo avevano così duramente lavorato.
Questo studio, un tempo consultabile sul sito della Rockefeller Foundation al link: https://www.rockefellerfoundation.org/our-work/search/, ha iniziato a circolare tra i divulgatori della libera informazione (io stessa dedico a esso un paragrafo del mio Il Grande Reset). Evidentemente il fatto che la popolazione venisse a conoscenza di tale singolare coincidenza – che si aggiunge a tutta una serie di “profezie autoavveranti”, come Event 201 – ha disturbato la sensibilità delle menti creatrici, i filantropi che si occupano del futuro del mondo. O forse il finale poteva instillare la consapevolezza dell’insostenibilità di un tale metodo di governo dispotico, tollerabile per l’umanità solo per un tempo limitato e in modo circoscritto. Come si può verificare attraverso il sito WebArchive, in data 27 maggio 2021 la Fondazione Rockfeller ha rimosso il documento.
Senza alcuna remora il Ministero della Verità cancella e riscrive la storia a suo piacimento. Il prossimo passo sarà la vaporizzazione dei dissidenti, come in 1984? Potremmo osare delle simulazioni anche noi.
Nota
Il file originale è consultabile su:
Meglio scaricarlo e archiviarlo.
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