Ultima follia di Bruxelles: auto meno veloci per combattere Putin

19/05/2022 -  di Matteo Milanesi per il blog di Nicola Porro


Nella giornata di ieri, in sede europea, è stato presentato il RePower Eu, il piano da oltre 200 miliardi delineato per raggiungere due obiettivi fondamentali: ridurre l’impatto dell’uomo sull’ambiente e, soprattutto, rendere il continente più indipendente dalla Russia nel giro di un quinquennio.


Embargo gas russo, utopia europea

La volontà delle istituzioni europee è quella di portare a zero la dipendenza energetica da Mosca entro il 2027, di fatto abbattendo i due terzi delle importazioni di gas entro la fine del 2022. Contemporaneamente, l’obiettivo sarà quello di lanciare una campagna di sensibilizzazione, volta ad aumentare il risparmio energetico delle famiglie, insieme alla crescita dell’uso delle risorse rinnovabili. Sotto quest’ultimo profilo, la Commissione Europea ha presentato una strategia volta ad incrementare la capacità fotovoltaica entro il prossimo triennio, per poi raggiungere i 600 Gw – rispetto agli attuali 150 – nel 2030. L’operazione troverebbe il suo successo con l’installazione di pannelli non solo su edifici commerciali e pubblici, ma anche su abitazioni e edifici residenziali entro il 2029.


Imposizione comunitaria

C’è, però, un dato cruciale che le istituzioni europee sembrano sottovalutare: il lato economico. Se prendiamo in considerazione una famiglia composta da quattro persone, che vivono in un appartamento di 100 mq, il costo medio del fotovoltaico raggiunge picchi di 9.000 euro, per un minimo di 6.500. Come può, anche un nucleo agiato, permettersi un costo simile, dopo un biennio pandemico che ha lacerato l’economia europea e mondiale? L’ipotesi, inoltre, non si configurerebbe come una libera scelta del cittadino, ma un’imposizione comunitaria, derivante dall’alto, che porterebbe all’applicazione di sanzioni, nell’eventualità in cui l’obbligo non fosse adempiuto.


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Il provvedimento appare simile allo st loop dell’Ue alla commercializzazione delle auto, a benzina e diesel, in favore dell’elettrico, entro il 2035. Ebbene, l’insieme dei due provvedimenti rischia di condannare definitivamente le tasche dei contribuenti. E mentre Greta utilizza metri di giudizio così severi e rigidi per il nostro continente, la Cina è il Paese in cui si trovano il 90 per cento delle duecento città più inquinanti al mondo, insieme all’India. Nonostante tutto, i due Stati proseguono la loro attività inquinante per il sostentamento dell’economia.


trovano il 90 per cento delle duecento città più inquinanti al mondo, insieme all’India. Nonostante tutto, i due Stati proseguono la loro attività inquinante per il sostentamento dell’economia.


Euro-follia sulle auto

Ma il lato (tragi)comico deve ancora arrivare. Per ridurre la dipendenza dalla Russia, l’Ue ha ben pensato di limitare la velocità delle auto. Sì, avete letto bene. La stessa direttrice politica del Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti, Ellen Townsend, ha evidenziato come la misura aiuterebbe “l’Europa ad allontanarsi dal petrolio russo, salvando vite e riducendo l’inquinamento dannoso”. Peccato che la nostra dipendenza dal greggio di Mosca sia pari al 36 per cento. E la cifra appare difficilmente scalfibile, almeno con la semplice riduzione delle velocità automobilistiche o con l’avvio di campagne di sensibilizzazione.


Subalterni al Cremlino

Non solo, seppur l’Ue sia riuscita a diminuire drasticamente la propria subalternità al gas del Cremlino, la dipendenza rimane impiantata intorno al 25 per cento. Ciò vuol dire che, anche per il prossimo anno, un quarto delle risorse dovranno essere garantite sempre dalla Russia, e quindi, dall’esito della guerra. L’Europa sembra ben più in difficoltà di quanto non lo sia nella sua immagine apparente. La situazione creatasi poteva essere ragionevolmente prevista. Eppure, le istituzioni sembrano non averne colto ancora la gravità, collezionando ritardi e misure completamente distaccate dalla realtà.


Dopo il forfait sul pagamento del gas russo in rubli, c’è il serio rischio che ne possa arrivare un altro, con conseguenze decisamente più serie e rischiose. L’Ue è prossima ad alzare bandiera bianca. E chi ci garantirà le forniture mancanti? La domanda rimane un grande dilemma.


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