In un centinaio di paesi piemontesi e in 25 della Bergamasca, infatti, i Comuni saranno invitati a sospensioni notturne e a firmare ordinanze mirate a un utilizzo estremamente parsimonioso dell’acqua. L’allarme dell’Osservatorio sugli utilizzi idrici del fiume Po è totale. Durante la seduta straordinaria con Autorità del Po, Regioni, portatori d’interesse e Protezione civile, lo scenario delineato è da sirena rossa: nel Bacino Padano il fabbisogno d’acqua è alto ma tutte le disponibilità sono “in esaurimento”. Una crisi, è la sintesi, con “valori mai visti da 70 anni”. E alla situazione già molto deteriorata “si aggiunge la previsione di mancanza di piogge e il persistere di alte temperature sopra la media”. Critico – sottolinea l’Osservatorio sul Po – è il quadro di insieme degli indicatori idro-meteo-climatici che caratterizzano il bacino del fiume e che di conseguenza influiscono sul fabbisogno idrico per gli usi civili, irrigui e ambientali che in questi mesi, soprattutto in vista dell’estate, è già di per sé più alto che in altri periodi dell’anno.
Gli elementi che contribuiscono all’allarme rosso sono almeno quattro: la neve sulle Alpi è totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia; i laghi – a partire dal lago Maggiore – sono ai minimi storici del periodo, eccetto il Garda; la temperatura è più alta fino a 2 gradi sopra la media e la produzione di energia elettrica è in stallo. Così le colture, nonostante l’avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell’irrigazione, sono tutt’ora in sofferenza. E intanto si accentua anche la risalita del cuneo salino a oltre 10 chilometri dalla costa adriatica e con un utilizzo all’80% a 15 chilometri dal mare, con un impatto non indifferente su habitat e biodiversità. In quelle aree del Rodigino e del Ferrarese l’irrigazione è sospesa o regolata in modo minuzioso nel corso della giornata. In alcune zone sono già state attivate pompe mobili d’emergenza per garantire alle colture di sopravvivere. Quello della contaminazione salina delle falde è un “fenomeno invisibile” che sta “sconvolgendo l’equilibrio ambientale del delta polesano”, ha spiegato negli scorsi giorni Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi. “Se la situazione persisterà, entro la settimana prossima – ha avvisato – saranno contaminate le prime falde destinate all’uso potabile.”
Per gestire una crisi idrica definita “straordinaria” sono stati stabiliti dall’Osservatorio tre principi fondamentali: il comparto idroelettrico ha dato la propria disponibilità, indipendentemente dalle concessioni legislative, a sostenere il settore primario dell’agricoltura in caso di manifesta necessità produttiva; i grandi laghi confermano la possibilità di scendere sotto i livelli minimi di invaso per contribuire ad alimentare con continuità e per quanto possibile i corsi d’acqua di valle sia per finalità irrigue che per il mantenimento dell’habitat e della biodiversità; ogni quantitativo percentuale così come ogni decisione territoriale con potenziali effetti sulla risorsa sarà condivisa tra tutti i partner e utilizzatori. Esiste tuttavia un ulteriore risvolto, che rischia di toccare da vicino la vita quotidiana dei cittadini di circa 125 Comuni, un centinaio in Piemonte e 25 in provincia di Bergamo. Utilitalia, in rappresentanza delle multiutility del servizio idrico integrato, ha confermato che l’attenzione è anche e soprattutto per le forniture di risorsa per il potabile. E la federazione ha chiesto ai sindaci eventuali sospensioni notturne per rimpinguare i livelli dei serbatoi con ordinanze mirate a un utilizzo estremamente parsimonioso dell’acqua. E Terna avvisa che la siccità incide anche sul settore idroelettrico: al momento le criticità legate al pescaggio dell’acqua di raffreddamento delle centrali termoelettriche sono in ripresa, però in prospettiva delle prossime settimane attesta la progressiva scarsità di risorsa utile per un raffreddamento adeguato.
Il Fatto Quotidiano
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