DER SPIEGEL: ”ALTRO CHE FINE DELLA CRISI DELL’EUROZONA. PORTOGALLO, ITALIA, GRECIA PRONTE ALLA BANCAROTTA (DA EURO)”

“Sono trascorsi sette anni dallo scoppio della crisi greca e dal primo piano di aiuti europei. Oggi la Grecia ha fatto alcuni passi avanti – scrive il settimanale tedesco Der Spiegel – ma la crisi non e’ ancora superata, tanto che due tra i principali creditori del paese, la Germania e il Fondo monetario internazionale, sono divisi sulle ricette da adottare: maggior rigore per la prima, una rinegoziazione parziale del debito per il secondo. In generale, pero’, l’intera periferia dell’eurozona gode di uno stato di salute precario, non molto differente da quello ellenico”.

“L’Italia – prosegue il Der Spiegel – oltre all’eccesso di spesa e al colossale debito pubblico, ha un grande problema con le banche, in particolare con il Monte dei Paschi di Siena. Il primo gruppo bancario del paese, UniCredit, ha subito una perdita di quasi 12 miliardi di euro lo scorso anno, ma fortunatamente a portato a termine con successo il suo piano di ricapitalizzazione sa 13 miliardi, che gravava come un test di fiducia sull’intero sistema creditizio del paese. Questa è una buona notizia per Unicredit, ma non per le altre banche in difficoltà”.

“Nonostante il calo del prezzo del petrolio, i tassi d’interesse bassissimi e le entrate fiscali record, l’Italia ha accumulato il maggior debito pubblico di tutte le nazioni europee, e non e’ riuscita ad erodere il deficit: la Commissione ha preteso dall’Italia che incida sul deficit per 3,4 miliardi nel bilancio di quest’anno, pena sanzioni”.

“Sul Paese, poi, incombe – aggiunge il principale settimanale tedesco – l’eventualita’ di un ritorno anticipato alle urne e di una possibile vittoria degli euroscettici. Tutto cio’ non incoraggia gli investitori e, nonostante il fatto che la Bce abbia comprato titoli di Stato italiani per miliardi di euro, i premi di rischio delle obbligazioni sovrane sono tornati a crescere sul mercato internazionale. Lo spread con i titoli tedeschi e’ salito ai valori piu’ alti degli ultimi 3 anni”.


“L’Italia e’ in sostanza il bambino piu’ problematico dell’eurozona – sentenzia il Der Spiegel -. La Spagna e’ stata per quasi un anno senza un capo di governo, fino a quando ha assunto la leadership il conservatore Mariano Raioy con un esecutivo di minoranza, ma gode di una robusta ripresa economica anche se uno spagnolo su cinque, il 20% che sale al 40% per i giovani, e’ ancora alla ricerca di un impiego, è disoccupato e vive in povertà. La Spagna sta molto peggio di sette anni fa. Vero è che il turismo e’ in crescita, ma non basta. La Spagna ha ancora un debito pubblico molto elevato, e il suo deficit resta ben superiore al 3 per cento del pil”.

“In Portogallo – invece – l’austerita’ e’ finita con la forza di un braccio di ferro vinto con la Commissione europea. Il nuovo governo portoghese con le misure adottate dal primo ministro Antonio Costa, ha aumentato salario minimo e pensioni, oltre a ridurre l’orario di lavoro per i funzionari e abbassare l’Iva. L’economia e’ tornata a crescere e la disoccupazione si e’ assestata al 10,9 per cento, ma il rapporto debito-Pil e’ il terzo piu’ alto dell’Unione dopo Grecia e Italia, al 130 per cento, e le banche portoghesi hanno un grave problema di crediti inesigibili, non molto diverso dal problema italiano”.

Tuttavia, le decisioni prese dal governo portoghese hanno ridato energia all’economia, migliorato le condizioni di vita delle fsce più deboli, ad iniziare dagli anziani, e ridotto notevolmente la disoccupazione, abbattuta quasi del 40%.

“Ma i creditori dei mercati finanziari – sottoliena il Der Spiegel – hanno poca fiducia nel governo sostenuto dai comunisti. Una ricaduta e’ dunque sempre possibile, se decidessero di speculare ad esempio sui titoli di stato del Portogallo, ce già ora pagano un interesse superiore al 3,5%. L’Irlanda – conclude il settimanale – e’ l’unico dei cosiddetti “Piigs” ad essersi lasciato alle spalle i suoi problemi strutturali di banche e finanza, ma a che prezzo! Nel 2016 la sua economia e’ cresciuta del 4 per cento. Sono state operate fusioni strategiche con gli Stati Uniti e questo ha risollevato le casse dello Stato. Sono stati fatti molti sacrifici, ma anche molti investimenti, anche grazie alle facilitazioni e ai benefici fiscali concesse alle societa’ straniere. Il rapporto debito-Pil e’ sceso da 120 a 75 per cento. Tutto bene? Per niente: un irlandese su 12 vive in stato di assoluta povertà, come nei peggiori anni delle emigrazioni di massa dall’Irlanda verso gli Stati Uniti. Questo è il prezzo da pagare per stare nell’euro?”.

via Il Nord

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