Dai paradisi fiscali provengono i fondi a sostegno dei grandi disboscatori brasiliani. E anche a favore delle flotte di pescherecci che saccheggiano gli oceani.
di NICOLA DE MURO *
Qual è il sottile legame tra l’avanzamento della deforestazione in Amazzonia – cioè in pratica della desertificazione dell’area più verde del mondo – e i paradisi delle vacanze? Risposta facile: è la sabbia, visto che è il componente sia dei deserti sia delle spiagge da sogno. No, risposta errata. Molto più prosaicamente è il denaro, in questo caso non solo vil, ma molto vil. È il denaro – spesso frutto di attività illecite – depositato nei paradisi fiscali, che molto spesso sono anche paradisi balneari… le Maldive, le Bahamas, le Seychelles. Isole che evocano la bellezza assoluta di mare e spiagge e, al contempo, una tendenza a una fiscalità assai benevola sui capitali esteri e a una certa noncuranza sulla provenienza degli stessi.
Ad alzare il velo sul legame segreto tra i paradisi fiscali e la deforestazione selvaggia, che porta all’inaridimento dell’Amazzonia, è uno studio del Resilience Centre di Stoccolma. I ricercatori svedesi si sono potuti avvalere, tra gli altri, di documenti esclusivi e mai resi pubblici sinora, della Banca centrale del Brasile. Ebbene, si è scoperto che il manipolo di aziende – meno di dieci – che stanno distruggendo il polmone verde della Terra per far posto ad allevamenti bovini e coltivazioni di soia hanno ricevuto il 68% dei finanziamenti totali dall’estero, da capitali provenienti dai paesi a fiscalità zero, in testa le Isole Cayman. Alcune di queste aziende spiana-vegetazione sono finanziate al 90% da questo tipi di fondi.
Ma non è tutto. Con la stessa origine c’è un altro attentato al pianeta, almeno altrettanto grave, se non più. La pesca illegale, che sta profondamente depauperando gli oceani e i mari. Bene, anche in questo caso i paradisi off-shore sono gli oscuri protagonisti: battono le loro bandiere solo il 4% dei pescherecci del mondo, ma un sorprendente 70% delle flotte di pesca sono irregolari, cioè non iscritte a nessun registro o del tutto illegali.
A svolgere un ruolo determinante nel disvelamento della doppia destinazione segreta dei fondi off-shore, i taglialegna brasiliani e i pescatori di frodo, sono stati sia i Panama Papers sia i Paradise Papers. Ma sarebbe sbagliata una demonizzazione cieca. “Depositare fondi in questi paesi è una possibilità lecita – sottolineano i ricercatori svedesi – è una scelta finanziaria di molte aziende che svolgono attività lecite e trasparenti. Ciò che invece va rilevato – e sanzionato dalle istituzioni internazionali – è l’opacità dei finanziamenti che partono dai paradisi fiscali per sostenere operazioni di grave detrimento ambientale o altri reati”.
Fonte: http://www.lastampa.it/2018/09/22/scienza/il-killer-dellamazzonia-ha-il-colletto-bianco-e-sta-alle-seychelles-4Nxh2e6TLXai266JmO83bI/pagina.html
1 commento:
Tutto ciò ovviamente è ds prrndere con le pinze ma siccome il vil danaro ci fa impazzire può essere creduto. È anche vero che tutto ciò mette in prima linea l'ignoranza nel mondo. Che tristezza
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