L’attentato a San Pietroburgo dimostra inconfutabilmente che la Russia di Putin attualmente si trova sotto attacco sia dall’esterno che sul fronte interno, con l’evidente finalità di mettere sotto assedio la dirigenza di Vlady Putin nel tentativo di destabilizzare il paese dall’interno per favorire l’eventuale “rinascita” dell’opposizione.
Sul fronte esterno, i contingenti della NATO, con le forze USA in primo piano, si sono posizionate sui confini della Russia con forze corazzate, artiglieria e lanciamissili che si trovano a 24 ore di marcia da Mosca (un distanza di 700 Km. circa), fatto mai accaduto nella Storia dalla fine del secondo conflitto mondiale. In contemporanea nel Mar Nero si sono posizionati incrociatori lanciamissili USA con capacità di lanciare diverse centinaia di missili Pershing e Cruise contro gli obiettivi militari sul territorio russo. Una minaccia reale e concreta contro cui la Russia sta potenziando le sue difese missilistiche in prospettiva di dover subire un possibile attacco preventivo.
Quello che accade sul fronte interno è la ripresa del terrorismo di matrice islamista/cecena che questa volta colpisce nel centro della più importante città russa (dopo Mosca) San Pietroburgo, la città di nascita di Vlady Putin.
Non sarà un caso se l’attacco interno si verifica nel momento in cui la Russia è impegnata sul fronte siriano per stroncare il terrorismo dei gruppi islamisti, armati finanziati, reclutati ed appoggiati da Stati Uniti ed Arabia Saudita (e loro alleati ).
I gruppi islamisti dell’ISIS e di Al Nusra e varie sigle, come abbiamo varie volte scritto su questo sito, sono una creazione dei servizi di intelligence USA e del Pentagono, fatto ormai ampiamente provato e riconosciuto dagli stessi membri dell’establishment di Washington. Questi gruppi costituiscono l’arma geopolitica che la strategia della elite di potere a Washington ha utilizzato cinicamente per le proprie finalità geopolitiche in Medio Oriente (la strategia del caos) per destabilizzare e balcanizzare la regione.
La Russia ha bloccato i piani di Washington in Siria e sembra quindi fondato ritenere che le stesse centrali che hanno diretto i gruppi jihadisti in Siria ed in Iraq, che siano dirette da Washington o da Rijad, oggi pilotano questi gruppi verso azioni di destabilizzazione e di terrore all’interno della Russia per punire Mosca per il suo intervento militare in Siria e nel Medio Oriente.
L’aspetto ridicolo e sciacallesco della situazione viene fuori nei commenti sui media in Italia degli analisti accreditati come “esperti” di politica internazionale. In particolare risalta il commento di Paolo Mieli, noto esponente sionista, il quale, nel corso di una trasmissione sulla 7 ha affermato: “La ragione dell’attentato a San Pietroburgo risiede nelle politiche di Putin basate sullo sterminio», questo Paolo Mieli a La 7. Altrettanto ha fatto l’esperto statunitense Edward Lutwak, il quale, nel dichiarare che l’attentato si deve collegare a Putin come mossa per rafforzare il suo potere, in pratica una forma di “false flag”, interpellato da Affaritaliani, ha affermato: : “Tutto è possibile, incluso il fatto che si tratti di strategia della tensione. Si moltiplicano le dimostrazioni contro il presidente Putin e le bombe potrebbero servire a ricordare alla gente e all’opinione pubblica russa quanto sia importante l’ordine pubblico……..le possibili spiegazioni sono tre: un pazzo (o un gruppo di pazzi), il solito islamico o una mossa del regime di Mosca per contrastare l’ondata crescente di dimostrazioni anti-Putin”.
Si sa chi è il primo, Paolo Mieli, e da dove viene: rientra pienamente nella sua tradizione di famiglia di agente dei servizi; figlio di una famiglia tutta arruolata, gia dal 1940, dai servizi britannici prima e da quelli USA e sionisti poi, per spargere veleno e propaganda nelle Tv e su altri media nazionali.
Allo stesso modo si conosce bene chi sia il secondo, Edward Lutwak, e si sa che quando lui parla, come in questo caso, le sue tesi sono direttamente riconducibili alla CIA di cui è da molto tempo un prezioso collaboratore (si presume).
Si rende evidente il doppio standard di questi personaggi: loro si sentono autorizzati a fare della dietrologia sugli avvenimenti in Russia, una dietrologia considerata invece “complottismo” e deprecabile quando viene fatta sugli attentati in Francia o negli USA. Due pesi e due misure, neppure si è sentito qualcuno affermare in questa occasione “je suis de Pietroburg”. In definitiva San Pietroburgo è una città europea nè più e nè meno di Parigi e di Berlino.
Da notare che la sinistra filo atlantista cerca di collegare l’attentato all’opposizione interna a Putin ed agli episodi delle ultime risibili manifestazioni represse a Mosca dalla polizia, mettendo insieme, come evidente in modo interessato e capzioso, i “cavoli alla merenda”. In prima fila non poteva mancare il commento dell’analisi fatta su Repubblica di oggi in seconda pagina, dall’opinionista di turno, che cerca di gettare su Putin la luce sinistra di una “strategia della tensione” per fortificare il suo potere.
Non si deve sospettare degli attentati di Parigi e di Nizza ove i terroristi lasciano le loro carte di indentità ed erano elementi già noti dalla polizia francese, nessuno catturato vivo (guarda caso) e non si devono criticare le sceneggiate delle marce collettive ad uso e consumo delle TV, con Hollande, la Merkel, Renzi ed Erdogan, tutti insieme a gridare “siamo parigini”. Si passerebbe per “complottisti”.
Risulta invece lecito per gli opinionisti nostrani sospettare della “mano di Putin” negli attentati alla metro di San Pietroburgo realizzati per consolidare il potere e “screditare” l’opposizione. Magari poi si scoprirà che si trattava dei “ribelli moderati” della Siria, sfuggiti al controllo dei loro mandanti.
Se gli avvenimenti non fossero tragici, ci sarebbe da ridere.
Fonte: controinformazione
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