Cacciato il super poliziotto che ha arrestato gli spioni dei potenti. E spunta la pista MASSONICA

All'indomani dell'arresto di Giulio e Francesca Occhionero, fratello e sorella che con i loro server hanno tenuto sotto controllo pc e account
di più di 6 mila tra esponenti dell'alta finanza, massoni e politici delle massime istituzioni dello Stato - tra cui gli ex presidenti del Consiglio, Renzi e Monti - ecco saltare le prime teste. Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha rimosso dall'incarico il direttore della polizia postale, Roberto Di Legami, coordinatore dell'indagine sul cyberspionaggio. Tra i motivi alla base della decisione anche l’aver sottovalutato la portata dell’indagine sullo spionaggio dei politici senza informare i vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza, né l’allora presidente del Consiglio, spiato dai fratelli romani.

Cosa cercavano i fratelli Occhionero?
Ma chi sono i due Occhionero finiti in manette per ordine del tribunale romano? Come l'ombra della massoneria capitolina entra nel gioco delle cyberspie che tengono sotto controllo le comunicazioni di mezzo establishment nazionale? Qual era il fine del dossieraggio e della frenetica attività di catalogazione di email e dati sensibilissimi, andata avanti almeno dal 2011, e per conto di chi? Molto conosciuti nell'ambiente dell'altra finanza romana, dove circolano quelli che contano, fratello e sorella hanno un curriculum ben delineato nel profilo Linkedin di lei, Maria Francesca, 49 anni, nata nelgli States, residente a Londra ma domiciliata a Roma. Guido, 43 anni e una laurea in ingegneria nucleare, si legge, "è 'managing director' della Westlands Securities Srl Lt", società fondata nel 1998. E' "operante nel campo dell’investment banking, inizialmente dedita allo sviluppo di tools quantitativi per le consulenze finanziarie e bancarie, ha successivamente dato vita e sviluppato alcuni progetti nel settore del private equity e dell’asset management". Lei invece, legata a doppio filo con il fratello, realizza la sua formazione professionale "in una società dell'Iri in materie come il data privacy e il security management", scrive Carlo Bonini su Repubblica. Poi dal 2001 il lavoro simbiotico con il fratello. 

I presunti legami con Mafia Capitale e la P4
Per 12 anni, ricostruisce il quotidiano di piazza Indipendenza, è dirigente della Westlands, e condivide a tratti le poltrone nel consiglio di amministrazione di una società immobiliare, "la Rogest, riferibile a Salvatore Buzzi". Quello di Mafia Capitale, per intenderci. Ma per avere la giusta chiave di lettura dell'attività di "accesso abusivo a sistemi informatico aggravato e di intercettazione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche", come scrive il Gip nell'ordinanza di custodia cautelare, si può forse cercare il nesso seguendo la linea sottile che, attraverso software spia porta a grembiulini e compasso. L'ambiente della massoneria romana è infatti il luogo nel quale Guido trova le sue fonti di ispirazione. "E' ambizioso", scrive Repubblica. E probabilmente ambisce a scalare la loggia Paolo Ungari, quella dove si trova "l'alta burocrazia di Stato". Altra corrispondenza di amorosi sensi: alcuni degli account utilizzati per scaricare i dati attrverso il software spia () corrisponde con quello di trovato nel computer di Luigi Bisignani, 5 anni fa, nella famosa inchiesta sulla P4. Raggiunto da Bonini telefonicamente, Bisignani - che ha patteggiato una pena a un anno e 7 mesi - dice di non aver mai sentito parlare di Occhionero. "Con quel cognome me lo ricorderei", ha detto negando ogni conoscenza.

La sottile linea che porta alla massoneria
La fonte che comnferma i legami con le logge è dell'intelligence italiana. "Vedremo dove arriveremo. Ma Occhionero non è un fungo spuntato all'improvviso. Nella loggia Paolo Ungari c'è l'alta burocrazia di Stato. E lui, Giulio, è legato a un signore che si chiama Ubaldo Livolsi". Chi è costui? "Se c’è un uomo a cui Silvio Berlusconi dovrà essere perennemente grato è Ubaldo Livolsi - scriveva Di Vico sul Corriere a proposito del finanziere siciliano -. È stato lui, infatti, a metà degli anni Novanta a 'salvare' il Biscione. Oggi, con i forzieri Mediaset strapieni di profitti, può sembrare da archeologia della finanza ricordare come in quegli anni la Fininvest avesse debiti per 4.500 miliardi di lire pari al 43,7% del fatturato consolidato. Livolsi inventò il marchio Mediaset, coinvolse il sistema bancario e quotò la nuova società". 

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