Una procedura semplice ma il cui esito certo è quello di trovarsi di fronte ad una risposta nella maggior parte dei casi spiazzante: confrontarsi con i tempi di attesa della sanità pubblica è una commedia che se non fosse tragica avrebbe risvolti quantomeno surreali.
Aspettare fino 15 mesi per ottenere una mammografia, 10 mesi per una Tac e un anno per la risonanza magnetica è tutt’altro che un caso isolato. Per interventi chirurgici non in emergenza come la rimozione di una protesi o curare l’alluce valgo in tempi di attesa salgono perfino a due anni.
Nove mesi per aspettare una visita oncologica per chi si trova ad affrontare il dramma di un cancro appare non solo fuori dalla logica del buonsenso ma oltresì un atteggiamento criminale da parte di una sanità che per sua natura dovrebbe essere pubblica.
Invece, sempre più italiani sono costretti a sobbarcarsi gli extra costi di una soluzione che guarda al privato: allora, e solo allora, le liste d’attesa svaniscono e si spalancano porte che fino ad un attimo prima apparivano chiuse per mesi e mesi.
Un girone infernale che viene descritto con dovizia di dati dal XIX Rapporto “Pit Salute” che si basa su 21.493 segnalazioni giunte nel corso del 2015 alle sezioni territoriali del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva: l’immagine chiara è quella di un Servizio sanitario nazionale il cui accesso è sempre più un lusso.
“Le persone sono state abituate a considerare il privato e l’intramoenia come prima scelta per le prestazioni a più basso costo come ecografie ed esami del sangue perché vivono ogni giorno un assurdo: per tempi e peso dei ticket, a conti fatti, si fa prima ad andare in intramoenia o nel privato – spiega Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva – E sono prestazioni previste nei Livelli Essenziali di Assistenza, quindi un diritto.
“Ma il servizio sanitario nazionale è alle prese con obsolescenza, fatiscenza, igiene, ritardi nella manutenzione e riparazione dei macchinari: tutti fattori che incidono su qualità e sicurezza delle cure e dei luoghi di cura”. Tema trasversale quello dei costi privati per curarsi, evidentemente troppo pesanti per le tasche dei cittadini: più di uno su dieci (10,8%) segnala l’insostenibilità economica delle cure.
Entrando nel dettaglio, quasi una segnalazione su tre (30,5%, rispetto al 25% del 2014) nel 2015 ha, infatti, riguardato le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, per liste di attesa (54,5%), ticket (30,5%), intramoenia (8,4%).
In crescita i problemi con medici di famiglia e pediatri, che raccolgono più di un terzo delle segnalazioni dell’area: le principali questioni riguardano il rifiuto di prescrizioni da parte del medico (28,4%, +4% rispetto al 2014), gli orari inadeguati di ricevimento (25,4%, +12%), la sottostima del problema di salute (17,9%, +6%).
In tema di assistenza residenziale, soprattutto nelle RSA, un terzo dei cittadini lamenta la scarsa assistenza medico-infermieristica (-4% rispetto al 2014), un altro terzo i costi eccessivi delle rette per la degenza (+11%), le lunghe liste di attesa (-5%), la distanza dal domicilio della famiglia (-2%).
Sul tema della salute mentale, i cittadini segnalano il ricovero in strutture inadeguate (31,3%, +3%), le difficoltà familiari nella gestione della problematica (22,4%), la scarsa qualità dell’assistenza fornita dal Dipartimento o dal centro di salute mentale (17,9%, +6%).
Sulla riabilitazione, le segnalazioni riguardano per lo più quella effettuata all’interno delle strutture sanitarie (43%), per la quale un terzo ravvisa scarsa qualità del servizio, quasi un quarto la mancata attivazione, un quinto la carenza di posti letto; quasi il 30% riguarda la riabilitazione ambulatoriale, per la quale i cittadini lamentano disagi legati all’attivazione del servizio (55,6%) e la scarsità di ore (44,4%); infine il 27% riguarda la riabilitazione a domicilio, per la quale il 31% segnala la difficoltà nell’attivarla, il 21% la riduzione del servizio e un ulteriore 21% (in crescita di ben l’11% rispetto al 2014) la totale sospensione dello stesso.
In tema di assistenza domiciliare, quasi la metà delle segnalazioni (44,8%) riguarda le difficoltà di avere informazioni e la complessità nell’iter di attivazione; il 12,6% l’inesistenza del servizio o le lunghe liste di attesa.
Più di un cittadino su dieci (11,4%) segnala carenze di informazioni in ambito sanitario e di accesso alla documentazione sanitaria. Le informazioni scarseggiano soprattutto sulle prestazioni assistenziali (30%), sull’assistenza sanitaria di base (25%), in materia di consenso informato (22%). L’accesso alla documentazione sanitaria è considerata problematica soprattutto per i tempi lunghi per il rilascio (45,5%) o per il rifiuto da parte della struttura sanitaria nel rilasciarla al paziente (23,4%). In netta crescita le segnalazioni di documentazione incompleta (14,3%, erano solo il 3,2% nel 2014).
Una segnalazione su dieci riguarda il tema della invalidità ed handicap. La lentezza dell’iter burocratico per il riconoscimento rappresenta la problematica principale, con il 58,2% delle segnalazioni, lentezza che si riscontra in gran parte (65%) nella fase di presentazione della domanda.
Dalla convocazione a prima visita, che richiede in media 8 mesi, alla ricezione del verbale che comporta un’attesa di ulteriori 10, fino alla erogazione dei benefici economici (in media 12 mesi dopo), il cittadino deve aspettare in media 30 mesi, ulteriori due in più rispetto ai tempi segnalati nel 2014.
Tempi non accettabili per i cittadini che si sono rivolti al TDM, considerando che sono prevalentemente affetti in un terzo dei casi da malattie oncologiche, da patologie croniche e neurologiche degenerative (27,5%), legate all’invecchiamento (18%) e rare (10,7%).
L’ambito dell’assistenza ospedaliera raccoglie il 10% delle segnalazioni. I maggiori disagi si registrano nell’emergenza urgenza con un dato che giunge nel 2015 al 62,8% rispetto al 50,7% del 2014.
Si tratta soprattutto di lunghe attese al Pronto Soccorso (45,3%) e di assegnazione del triage non trasparente (40,5%, +15% rispetto al 2014): ai cittadini che ricorrono al PS insomma sembra spesso di aspettare troppo, anche perché ben poche strutture spiegano come viene assegnato il codice e ancora meno quelle dotate di monitor per indicare i tempi di attesa per codice di priorità.
Secondo ambito problematico è quello dei ricoveri (23,8%): il 45% segnala di aver “subito” il rifiuto o perché il ricovero è ritenuto inappropriato dal personale medico o per tagli ai servizi; un quinto segnala di essere stato ricoverato in reparto inappropriato,
Le dimissioni ospedaliere raccolgono il 13,4% delle segnalazioni: sono ritenute improprie per il 65,4% dei cittadini, più di uno su quattro riscontra difficoltà nell’esser preso in carico dal territorio.
tratto da: http://curiosity2015.altervista.org/la-vergogna-della-sanita-pubblica-voluta-ci-governa-otto-mesi-attesa-visita-oncologica-privatamente-48-ore/
1 commento:
Ti stai sbagliando un medico a una mia amica gli ha detto che a pagamento lo faceva lo stesso giorno.
Geomancy-354.yx
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